Enrico Barisone, storico Capitano della Compagnia dei Carabinieri di Bitti, conosceva quegli anfratti a menadito. Crinali e costoni, rocce e aste fluviali, un paesaggio tanto esclusivo quanto affascinante. L'enclave impenetrabile tra Vitzi, come chiamano Bitti da queste parti, Orune, Lula e Onanì, ha un nome drammaticamente iscritto negli annali più cruenti della storia sarda. Sa Janna Bassa è il simbolo dello scontro a fuoco per eccellenza del banditismo sardo. Era notte fonda il 17 dicembre del 1979 quando Barisone con altri due carabinieri perlustrava le campagne della Barbagia, quella più alta, al confine con la provincia di Sassari. Movimenti sospetti avevano attratto la pattuglia in un ovile di Sa Janna Bassa. Gli uomini in divisa intimarono il fermo ai convenuti ma ben presto una tempesta di fuoco si incrociò tra le rocce temerarie di quel ventoso eremo modellato dal soffio perenne della natura. Ci furono morti e feriti. In realtà il conciliabolo era un vero e proprio summit della malavita isolana con le più avanzate frange terroristiche di Barbagia Rossa. Solo qualche anno più avanti, era il 1982, uno dei capi delle Brigate Rosse, Antonio Savasta, in una fase di pentimento, ammise che a Sa Janna Bassa, in quella fatidica notte, si stava consumando il matrimonio tra terrorismo e Anonima sequestri. Con quell'operazione fu sgominata sul nascere quella saldatura tanto violenta quanto pericolosa per l'Isola.

Sibilo del vento

Da allora su quei crinali è cessato il sibilo delle pallottole. E' rimasto solo quello del vento che pettina pecore e capre. Quel nome tanto simbolico, memoria segnata da sangue e violenza, ricompare oggi, nel silenzio d'ordinanza, nell'ennesimo agguato all'ambiente di questa terra tanto amata quanto offesa. Il nuovo assalto alle cime impervie di queste montagne incontaminate e suggestive riparte da Sa Janna Bassa. Il ministero dell'ambiente, come se non dovesse urtare le Borse, pubblica nella serata di venerdì 9 ottobre, il progetto firmato Wpd Italia, il braccio italico del colosso tedesco che pianta ciclopiche pale eoliche in giro per il mondo. Da Brema, sede tedesca della multinazionale, a Bitti il passo è breve. La presentazione è da carro armato dell'eolico. Un gruppo che non fa mistero della sua indole: sviluppa e gestisce parchi eolici, on-shore e off-shore, a livello globale, così come centrali fotovoltaiche. La missione viene raccontata come quella di un ambientalista qualunque: siamo uno dei principali attori internazionali impegnati nel processo di trasformazione del sistema energetico da fonti fossili alle energie rinnovabili. In realtà il portfolio di impianti eolici è da selva forestale, con 2.200 aerogeneratori piazzati in giro per il mondo e una potenza installata di 4.450 MW. Per loro la slot machine degli incentivi milionari viene prima di qualsiasi altra cosa e non importa se su Bitti e dintorni si concentrano già le ventose attenzioni di altri due gruppi, tutti con lo stesso obiettivo. I tedeschi, fattisi italiani nell'anagrafe societaria di Wpd in formato tricolore, vivono al numero 83 di Corso d'Italia a Roma. Il progetto, però, è tutto proteso su Bitti.

Mamone per nome

La denominazione progettuale, poteva essere Sa Janna Bassa, dove piazzano la maggior parte dei grattacieli eolici, ma scelgono il più accattivante Mamone, non foss'altro che qualche pala prevedono di piazzarla proprio davanti alla Colonia penale omonima. Un patrimonio di Stato di oltre 3.000 ettari, totalmente inutilizzato, recintato con tanto di cartelli minacciosi del Ministero della Giustizia. Il Comune di Onanì quei terreni che circondano quella gattabuia all'aperto li ha anche chiesti ma il ministero della Giustizia è come quello della Difesa, occupa i terreni e anche se non li usa li detiene a scanso di equivoci. Il progetto tedesco è ambizioso, lungo tutto un crinale di ben dieci km, nell'agro di Bitti, in linea continua, prevede di piazzare 15 pale rotanti da 228 metri ciascuna, alte come un grattacielo da 76 piani. Tutto questo nei punti più visibili dell'orizzonte, chiari e invasivi da ogni parte li si osservi. Per non parlare del versante di Bitti dove quelle 15 torri si stagliano integralmente sul paesaggio a monte del centro abitato. Nelle previsioni progettuali depositate 48 ore fa al Ministero dell'Ambiente indicano anche le pale ideali, il tipo 158 General Eletric, colossi da 4,2 megawatt ciascuna per una potenza richiesta complessiva di 50,4 megawatt.

I conti nascosti

I calcoli dell'operazione sono blindati nel segretissimo business plan societario che nessuno deve conoscere. Un dato, però, è difficile da nascondere: i tedeschi con questo progetto si metterebbero in tasca tra gli otto e i nove milioni di euro di incentivi all'anno, qualcosa come 177 milioni di euro in vent'anni, tanto vengono garantiti questi regali eolici di Stato. Per Bitti, Orune e Onanì si tratta di un vero e proprio assalto senza precedenti. Questo è il terzo progetto che sbarca sui monti della Barbagia alta. Il primo fu presentato tre anni fa su Punta "Gomoretta" dalla Siemens Gamesa, obiettivo piazzare 13 aerogeneratori per una potenza complessiva di 45 megawatt. In pieno agosto scorso, con l'Isola in piena pandemia da ballo, si fecero avanti i signori della Green Energy Sardegna 2 S.r.l. con un nuovo parco eolico denominato "Bitti- Terenass", 11 pale per una potenza complessiva di altri 56 megawatt ubicato nei territori dei comuni di Bitti, Onanì e Buddusò. Una potenza complessiva di 151 megawatt e 39 pale, tutte ciclopiche. Guadagno complessivo stimato per l'operazione Eolo a Bitti 21 milioni di euro all'anno, la bellezza di 425 milioni di euro in 20 anni. Roba da Piano di Rinascita. I tedeschi in salsa italiana dichiarano di spendere per realizzare il loro parco di grattacieli rotanti sul cielo di Bitti ben 71 milioni di euro, di cui 46 milioni e mezzo per il solo acquisto dei generatori, ovviamente di fabbricazione tedesca. Il progetto in carico da due giorni al ministero dell'Ambiente per la valutazione d'impatto ambientale conferma una strategia tutta italiana per triplicare la potenza energetica rinnovabile in Sardegna.

Sfruttare sole e vento

L'obiettivo è chiaro: sfruttare nell'Isola sole e vento, senza alcuna ricaduta, né economica, tantomeno occupazionale, per, poi, trasferire l'energia prodotta in continente con un cavo già pianificato da Selargius sino alla Sicilia. Cosa ci guadagnano i sardi? Niente. I tedeschi, però, ci provano a mettere nero su bianco le cosiddette compensazioni ambientali. Una sorta di regalia, pari all'elemosina, in cambio del lasciapassare per questa ennesima tortura ambientale e paesaggistica. I germanici ci provano in cambio di soldi e altri premi e cotillon. L'offerta economica per il via libera del comune di Bitti è scritta tra le migliaia di carte: 270.031 euro all'anno. Un po' pochino se si pensa che quella cifra i signori di Wpd la guadagnano con mezza pala. Loro si portano a casa 8 milioni e 800mila euro di incentivi in un anno e alla comunità che subisce le pale il piatto di lenticchie con appena 270mila euro. Le proposte compensative non sono finite.

Benefattori & lenticchie

E lo scrivono con il tono dei benefattori che portano strade e civiltà: grazie al parco - scrivono nel progetto - sarà possibile rinnovare e risistemare alcune strade del Comune in modo da rendere la mobilità locale più fluida, predisporre visite guidate sul territorio per avvicinare la popolazione all'energia pulita, realizzare corsi di lingua inglese rivolti anche agli adulti, creare cooperative con l'obiettivo di formare figure professionali legate all'apicoltura e alla successiva vendita del miele o alla lavorazione del sughero. Infine, il colpo ad effetto: «le compensazioni ambientali potrebbero essere in parte utilizzate per valorizzare i Tenores». Come dire, vi paghiamo anche la tradizione. A Sa Janna Bassa, a tutti i costi, vogliono mettere le pale dei crucchi.

Mauro Pili
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