L'ordinanza della Regione Sardegna che imponeva test Covid obbligatori per chiunque arrivasse nell'Isola, a partire da lunedì 14 settembre, è sospesa.

Lo hanno deciso i giudici amministrativi del Tar della Sardegna accogliendo così il ricorso proposto dall'avvocatura dello Stato per conto della Presidenza del consiglio dei ministri.

Secondo l'esecutivo il provvedimento viola l'articolo 16 della Costituzione sulla libera circolazione delle persone. E per il Tar mancano "i principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente nella regione".

Il decreto è a firma del presidente del Tribunale amministrativo Dante D'Alessio e sospende gli effetti dell'ordinanza numero 43 che prevedeva per tutti i passeggeri in arrivo dall'estero o dal territorio nazionale la presentazione, all'atto dell'imbarco, dell'esito di un "test - sierologico (IgG e IgM) o molecolare (RNA) o Antigenico rapido - eseguito non oltre le 48 ore dalla partenza, che abbia dato esito negativo per Covid-19". Alternativamente si poteva autocertificare di "essersi sottoposti, nelle 48 ore antecedenti all'ingresso nel territorio regionale, a un test sierologico, molecolare o antigenico, il cui esito è risultato negativo".

Fissata anche la data dell'udienza di merito: sarà il 7 ottobre.

LA DECISIONE - La pronuncia monocratica da parte del presidente del Tar Sardegna anticipa la possibile decisione finale sul ricorso proposto dal governo che, si legge nel decreto dei giudici amministrativi, "presenta ragionevoli probabilità di esito favorevole".

Secondo il Tribunale amministrativo regionale infatti "le disposizioni impugnate devono ritenersi effettivamente limitative della circolazione delle persone" incidendo "su un diritto costituzionalmente garantito (art. 16 della Costituzione) e su una delle libertà fondamentali garantite dall'ordinamento giuridico dell'Unione Europea".

Queste disposizioni "possono essere adottate con D.P.C.M. solo in presenza di ragioni di straordinaria necessità ed urgenza e, come si è detto, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente in determinate aree".

In Sardegna invece "l'aggravamento del rischio sanitario, determinato dall'incremento dei contagi accertati nella regione, che ha determinato l'adozione delle misure in contestazione non sembra comunque di tale rilevanza da giustificare l'adozione di una misura, che incide sulla libera circolazione delle persone ed interviene solo pochi giorni dopo l'adozione dell'ultimo D.P.C.M., in data 7 settembre 2020, che già ha tenuto conto dell'evolversi in tutte le regioni dell'epidemia in corso".

Ma c'è di più: "L'indicato rilevante incremento dei contagi nella Sardegna si è verificato in relazione al forte afflusso turistico del mese di agosto in condizioni che non sono peraltro destinate a ripetersi con l'imminente termine della stagione estiva" e "non risulta dimostrata una insostenibile pressione sul sistema sanitario regionale, tale da imporre limitazioni alla libera circolazione delle persone, anche perché l'incremento del numero dei contagiati nella regione è stato in buona parte determinato dall'incremento del numero dei test e della rilevazione del virus in numerosi soggetti asintomatici".

Pertanto, sostiene il Tar, l'ordinanza del governatore della Sardegna "non appare adottata nel rispetto delle indicate disposizioni normative e nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente nella regione nonché in presenza di ragioni di necessità ed urgenza tali da giustificare l'adozione, con ordinanza regionale (e non con un D.P.C.M), di una misura limitativa della libera circolazione delle persone fra le regioni e fra le nazioni".

(Unioneonline/D)
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