Mentre in Italia qualcuno ancora si interroga sul se esista un virus di destra e/o un virus di sinistra alimentando un inutile dibattito mediatico fuorviante, in tutta Europa, e non solo, si assiste ad un preoccupante incremento della percentuale dei contagi idoneo a porre interrogativi piuttosto seri non solo sul piano risolutivo pratico, ma anche, e soprattutto, su quello non meno importante della comunicazione diretta e trasversale tra i vertici e la base, intesa nella sua accezione di valida ed accettabile rappresentazione della realtà finalizzata ad evitarne la contaminazione.

La stessa Francia, da ultimo, si è ritrovata “vis à vis” con un ennesimo allarme da Covid – 19 che ha indotto il Governo ad annunciare, nei giorni scorsi, l’inasprimento delle misure preventive e la conseguente e contestuale estensione dell’obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione. Fine dichiarato: “tout pour éviter le reconfinement” senza tuttavia escludere in assoluto l’ipotesi di un nuovo contenimento, nella consapevolezza, espressamente manifestata proprio da Emmanuel Macron, non solo che il cosiddetto “rischio zero non (può) esiste (re) mai”, ma anche che sarebbe assurdo pensare di poter “fermare il Paese” trascurando la circostanza per cui “i danni collaterali (sarebbero) considerevoli”.

Può sembrare scontato, e perfino banale, ma quelle che potrebbero apparire come scarne e in qualche modo titubanti affermazioni di circostanza esprimono in realtà tutta la lucida logica dottrinaria, politico/programmatica e sanitaria del presidente francese, oggi più di ieri proiettato a perseverare nell’adozione di una linea rigida di “tracciamento” del virus e di “organizzazione” degli enti ospedalieri finalizzata, per il momento, a “generalizzare (l’utilizzo della) mascherina” solo alle ipotesi ritenute strettamente necessarie. Non si tratta, a mio umilissimo modo di considerare, di una notizia tra le tante, ma dell’espressione tangibile dell’ennesimo tentativo di dimostrazione di grandezza di un uomo, o meglio di un leader, che al cospetto dell’Europa intende ancora una volta presentarsi, ma soprattutto imporsi, come “vaso di ferro” tra i tanti fragilissimi “vasi di coccio” siccome intimamente disposto, diversamente da tanti altri “colleghi” già proiettati a rinchiudersi negli stretti margini dei propri confini nazionali, a rinnegare, nei limiti del possibile, del dovuto e del consentito, l’idea condizionante della sussistenza di una interdipendenza diretta ed immediata tra la dimensione della politica e quella della esistenza latamente intesa nella sua rappresentazione strettamente biologica, ma che, tuttavia, e ciò nonostante, riesce ad impersonare perfettamente, sul piano definitorio sapientemente stigmatizzato, la caratterizzazione di “uomo moderno” quale “animale nella cui politica è in questione la sua (stessa) vita di essere vivente” (Foucault). Nella sua non voluta e quasi impersonale contraddittorietà – questo mi pare emerga sopra le righe dalle sue dichiarazioni – ed avendo compreso l’efficacia dirompente del potenziale impatto empatico nei confronti dei suoi connazionali e non solo, parrebbe voler sperimentare differenti strategie comunicative, di stampo decisamente possibilista anziché marcatamente assolutistico e perentorio, rispettando sempre e comunque il suo ruolo apicale rappresentativo della vita istituzionale del Paese che gli consente di collocarsi costantemente al di sopra dei suoi interlocutori, non solo nell’interpretare il suo connaturale ruolo di presidente in grado di offrire paradigmi comportamentali validi e laddove necessario soluzioni, ma anche nell’assicurare una informativa univoca ed unidirezionale che prevalga sulla confusione della narrazione mediatica farneticante.

E’ chiaro che la pandemia, quale fenomeno virologico in sé e per sé considerato, anche nell’ipotesi di una sua oramai probabile feroce recrudescenza, non può incidere al punto tale da determinare una modificazione sostanziale della linea politica di un dato Paese (e questo Macron, nella sua irrefrenabile sete di potere, sembra averlo capito fin troppo bene), ma certamente contribuisce ad acuirne le problematiche interne, favorendo il delinearsi di un gravoso clima di incertezza idoneo a mettere in discussione il potere costituito ed a favorire la rapida ascesa di regimi populisti “da strada” e “da piazza”, i quali, facendo biecamente ed opportunisticamente leva sul malcontento generale, sulla crisi economica e sociale, nonché sul sentimento di disamore e di sfiducia nei confronti dei rappresentanti di quelle stesse richiamate istituzioni, così lontane dall’esperienza quotidiana del sopravvivere per poterne comprendere il disagio, potrebbero verosimilmente trovare la strada spianata nell’imporre, sotto le mentite spoglie del “rimedio curativo” e della “purificazione”, dinamiche politiche marcatamente autoritarie ed autoritaristiche in contrapposizione ad un sistema oramai vecchio e corrotto, o meglio che tale vorrebbero fare apparire, il quale non sarebbe riuscito in passato, e non riuscirebbe oggi, a preservare i diritti e/o a garantire il necessario sostegno e la dovuta sicurezza alla popolazione. La soluzione, in questo caso, valida per tutti i Paesi Europei, potrebbe emergere dall’osservazione accurata del cosiddetto “rovescio della medaglia”, giacché, come poc’anzi rilevato, non sempre una emergenza sanitaria produce una spinta sufficiente a determinare un cambiamento radicale e sovversivo, soprattutto allorquando proprio quelle richiamate ansietà ed insicurezze inneschino, per l’appunto, un improvviso meccanismo inverso tendente ad individuare nella struttura politica e sociale del “mondo di prima”, non ancora trapassato, una sempre valida ancora di salvezza. Al proposito, non sarà forse superfluo, allora, continuare ad apprezzare il percorso seguito dal Presidente Francese, il quale, più di chiunque altro nel circuito europeo, appare dotato della lungimiranza necessaria ad assicurare l’avvio di un generale percorso ricostituente. L’Italia, dal canto suo, saprà seguirne e sperimentarne il pensiero ideologico, anche reinterpretandolo se necessario?

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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