Il dispaccio viene battuto da un moderno telegrafo di guerra. E non è un caso. Ad Ankara, capitale del regno turco di Recep Tayyip Erdogan, sono le 17 e 23 minuti di Ferragosto. Le parole ostili sono scandite da un tamburo rotante da telescrivente d'altri tempi. Missive da leggere lettera per lettera, parola per parola. Il Navetex 1036/20, emesso senza preavviso dalla marina guerrafondaia turca, è un atto ostile. E non poteva essere diversamente. Stamane una decina di navi militari turche irromperanno nel proscenio del Mediterraneo, davanti all'isola di Cipro. Non una gita turistica. Da due giorni scortano la Yavuz, un'imponente nave, livrea turca tirata a lucido, per la ricerca sismica di giacimenti di idrocarburi al largo delle coste di Cipro. Missione armata dal 18 agosto al 15 settembre. Il Navtex è perentorio come non mai. Parole di fuoco dettate lungo le parabole delle marinerie militari di mezzo mondo: "la marina turca consiglia caldamente di non penetrare nell'area di esplorazione".

Il preavviso sardo

Quello che sta accadendo davanti alle coste del Mediterraneo orientale è solo il preavviso di quello che potrebbe succedere sulle coste occidentali della Sardegna, davanti alla costa tra Carloforte e Bosa, passando per il Pan di Zucchero e la foce del Temo, proprio dove l'Algeria, alleata diretta della Turchia dei Fratelli Musulmani di Erdogan, ha piazzato la sua zona economica esclusiva. Ed è proprio questo meccanismo spregiudicato di mettere le mani sulle acque internazionali, con operazioni da abigeato del mare, che ha fatto scattare l'allarme delle marine militari della Nato e non solo.

Navi da guerra

La Francia non ha perso tempo: le navi da guerra stanno convergendo nell'area di mare contesa. E ieri mattina, in pieno agosto, con le esercitazioni messe a riposo sulle coste di Teulada e Quirra, è arrivata al porto di Cagliari, ormeggiata dalla parte opposta al normale dislocamento delle navi militari, sul molo di Ponente, quasi nascosta e con il satellite spento, la nuovissima Fregata Martinengo della Marina militare italiana. Non una nave qualsiasi. L'imbarcazione varata due anni fa è equipaggiata di missili e cannoni, di siluri e sistemi d'arma antiaereo. Arrivo non preannunciato che rientra nel rapido susseguirsi di imponenti posizionamenti nel Mediterraneo, orientale e occidentale. Soffiano venti di guerra, e già durante la notte scorsa una nave greca è entrata in collisione con una turca, già dislocata nell'area. Di certo quello che sta accadendo al largo di Cipro e poi a ridosso delle isole greche davanti alla Turchia è il preludio di quello che già viene ribattezzato il Blue Homeland, il piano di Erdogan per la Patria Blu.

Sardegna svenduta

La Sardegna in questo scenario da guerra delle trivelle rischia di essere svenduta per qualche pozzo petrolifero o di gas in mezzo al mare. L'imposizione dell'Algeria che ha istituito una propria zona economica esclusiva proprio davanti alle coste sarde, con un'incursione senza precedenti nel Mediterraneo occidentale, è molto di più di un atto burocratico depositato con tanto di decreto presidenziale alle Nazioni Unite. L'Algeria oggi, in questo intricato scenario internazionale, significa Fratelli Musulmani, ovvero Erdogan. Il Presidente algerino è stato eletto grazie alla componente musulmana guidata dal Presidente turco che passerà senza troppi complimenti all'incasso.

La voce del deserto

Anche nel deserto sanno che quella zona esclusiva che occupa per due terzi la costa occidentale della Sardegna è stata voluta e imposta proprio dalle smanie imperialiste ottomane di Erdogan. L'occupazione del mare sardo è, dunque, molto di più di una boutade nello scacchiere dell'occupazione del mare.

Incursioni

Le incursioni di Erdogan hanno raggiunto il punto più alto delle tensioni militari. E la sempre più invasiva vicinanza di Ankara ad Algeri lascia comprendere quanto sia plausibile che lo scontro di queste ore tra la Turchia, Cipro e Atene possa replicarsi tra non molto nella costa davanti alla Sardegna. La guerra delle trivelle imposta dal Sultano turco entra, dunque, da stamane nel vivo e sino al 15 settembre l'escalation militare potrebbe toccare punte avanzate mai sfiorate prima. L'Europa in queste ore sta cercando di porre fine all'eterna ignavia che ne ha contraddistinto le vicende su mare, come quelle su terra, nel rapporto con Erdogan, il despota dell'agognato impero ottomano di nefasta memoria. Dovrà intervenire Bruxelles, non ne potrà fare a meno. Ieri mattina il parlamento egiziano ha ratificato la zona economica esclusiva istituita insieme al governo di Atene. Una netta sovrapposizione incrociata con quella imposta dalla Libia di Fayez al-Sarraj e dello stesso Erdogan.

Fu Mare Nostrum

Una guerra senza confini sulle profonde acque del fu Mare Nostrum, con il sottosuolo pieno di gas e forse petrolio. E non è un caso che il premier italiano Conte nelle ultime ore abbia alzato la cornetta per parlare con Erdogan. In ballo ci sono i giacimenti in mezzo al mare davanti a Cipro già assegnati all'Eni. I reciproci comunicati sulla telefonata sono ambigui e contradditori: di certo il governo italiano ha pensato a salvaguardare gli affari dell'Eni davanti all'isola di Cipro. Poco importa se il governo cipriota ha dichiarato che le operazioni di prospezione nelle profondità marine da parte di imbarcazioni turche sono fuorilegge. Il governo italiano, del resto, quando si è trattato di respingere l'assalto algerino alle coste sarde ha prima sonnecchiato e poi si è perso nei meandri del lockdown. Nel frattempo l'Eni ha continuato a fare i suoi affari ad Algeri, alla faccia del mare sardo. Da oggi, con le navi militari schierate davanti a Cipro, si capirà cosa intendono Erdogan e l'Algeria per zona economica esclusiva, compresa quella davanti a Porto Flavia e S'Archittu.

Mauro Pili
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