La Ruhr non è il Sulcis. La Renania non è la Sardegna. Qui, però, in terra tedesca si parla sardo. Da almeno 65 anni. Da quando sessantamila sardi lasciarono l'isola per toccare con una mano la speranza e con l'altra cavare carbone dalle miniere del più grande bacino carbonifero tedesco. Erano provetti minatori, viso forgiato dalla pietra nera e scavato dalla fatica di Seruci e Nuraxi Figus. Luigino Deiana raggiunse Oberhausen, una sorta di Carbonia tedesca, a due passi da Düsseldorf, alla fine degli anni Sessanta, consapevole della sua missione: lavorare a cottimo a due passi dall'inferno. La prese bene: «Lavorare in un pozzo tedesco non era come faticare nelle nostre miniere. Qui avevo guanti e ginocchiere. Eravamo organizzati e il caposquadra ci invitava a riposare».

Fossili addio

Ora la Ruhr è chiusa, come il Sulcis. La pietra nera, quella rimasta sottoterra, non vedrà mai la luce. L'Europa, sei anni fa, ha pronunciato l'editto dell'energia verde e ha segnato la fine per i combustibili fossili, a partire dal carbone. A dettare l'agenda di quella che fu la Ceca, la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, furono le emergenze ambientali e l'esigenza di un cambio di passo per un'industria moderna al passo con i tempi. Poi arrivò il Covid, il virus che cambia la vita, ai popoli e all'economia. Si accelerano i processi di innovazione, si cerca la via del futuro e la Rivoluzione ambientale domina il calendario del domani.

In Italia da ieri, con gli Stati generali a Villa Pamphili a Roma, ci si interroga su quel che sarà il dopo virus. E per la prima volta dal dopoguerra ad oggi lo si dovrà fare con la piena consapevolezza che non si potrà sbagliare. Un fiume in piena di denari, 342 miliardi, sta per inondare il Belpaese. Cifre irripetibili, da impegnare con la consapevolezza che mai più il cordone del debito sarà così largo e che soprattutto gli investimenti che si dovranno fare non potranno essere improduttivi. Da restituire ci saranno miliardi e miliardi di euro. Sprecare tale infinita mole di denaro significa da una parte non raggiungere gli obiettivi di sviluppo e dall'altra non avere i mezzi finanziari per restituire i debiti contratti.

Il piano post Covid

Sul tavolo del governo c'è il Piano Colao. Centodue idee per il futuro dell'Italia. Un piano strabico e controverso, ispirato dalle grandi lobby e dalla tavola rotonda delle grandi multinazionali industriali. Una missione tutta orientata al profitto per le aree forti, tagliando le parti deboli e marginali del Paese. Strategie costruite nel laboratorio del business per pochi.

Il disegno di Sir Vittorio Colao è esplicito, a partire dall'esclusione della Sardegna da ogni scenario di sviluppo. Esclusa nei trasporti interni e di connessione verso il Mediterraneo, tagliata fuori dalle reti infrastrutturali ed energetiche. Nel piano, però, ci sono elementi che aprono capitoli ampi di proposta e innovazione. Prima di tutto l'energia e l'ambiente. Da una parte la strategia e dall'altra le azioni. Leggendo alla lettera il piano Colao c'è un richiamo esplicito all'obiettivo del carbon neutrality , ovvero cancellare tutto ciò che è fossile dall'energia del futuro.

I contraccolpi

Tradotto in sardo significa che si devono chiudere le centrali elettriche principali dell'isola, da Portovesme a Porto Torres e soprattutto resta senza futuro la Saras di Sarroch. Per la Sardegna un colpo letale per l'assetto energetico e produttivo, senza un minimo piano per il futuro, e del resto il Piano Colao rilancia la carbon tax e il disincentivo assoluto per ogni utilizzo di fonti fossili. L'isola rischia di trovarsi doppiamente spiazzata, da una parte esclusa dalla strategia della Tavola Rotonda dei poteri forti e dall'altra con la mannaia sui fattori principali dello sviluppo, a partire dall'energia.

I dati sull'indice infrastrutturale energetico segnano l'arretratezza dell'Isola. Se in Italia il parametro è 100, nel Mezzogiorno 64,5, in Sardegna è 35,22, quasi la metà del Sud Italia e quasi un terzo dell'indice italiano. Un disastro, con la bolletta elettrica dei sardi la più costosa in assoluto. In Sardegna il costo medio annuo per una famiglia tipo è di 502 euro, in Lombardia 417, in Toscana 378. Costi ai quali si deve aggiungere un onere unico in Europa: una Regione senza metano.

Gli scenari

Il Piano Colao, dunque, traccia scenari a tinte fosche ma lascia intravedere un barlume di luce su una fonte energetica che in Sardegna potrebbe anticipare la svolta e consentire di superare tutti i gap energetici sin qui accumulati.

Il capitolo dell'energia nel Piano che domani sarà illustrato da Colao al governo coincide esattamente con quanto due anni fa l' European Round Table , la tavola rotonda dei potenti, aveva lanciato con un tweet esplicito: il 75% di tutta l'anidride carbonica è legato al trasporto su auto. Per i cavalieri dell'élite industriale europea è ora di puntare sull'idrogeno.

Carlo Rubbia questo affronto postumo non lo avrebbe mai sopportato. Il premio Nobel per la Fisica ha la stazza dell'uomo burbero, non guarda ma traguarda, quando parla spiega, quando capisce che non tira aria sbatte la porta. Lo fece in Sardegna alle soglie del 2005 quando capì che il suo progetto di Isola dell'Idrogeno e del Sole non sarebbe andato avanti.

L'Isola dell'idrogeno

Nel 2002, era il 3 maggio, nel Parco scientifico e tecnologico di Pula, tracciò l'orizzonte in occasione degli stati generali della ricerca in Sardegna. Qui, spiegò l'uomo che amava moltiplicare l'energia, possiamo anticipare il mondo producendo idrogeno per 800.000 auto. Non aveva bisogno né di carbone, né di petrolio, ma solo di acqua e sole. Scissione degli atomi e idrogeno a gogò. E spiegò: se potessimo utilizzare tutta l'energia solare sarebbe come raccogliere ogni anno un barile di petrolio per metro quadrato. Un dono di Dio. Rubbia accettò di guidare il progetto ma, poi, qualche anno dopo tutto si fermò. Contrasti politici. L'uomo che voleva catturare l'energia del sole lasciò la Sardegna per la Spagna.

Alla Sardegna stretta nella morsa tra l'incudine dei poteri forti e il martello dell'isolamento, non resta che cogliere gli spiragli del piano, sapendo che i fondi che arriveranno dall'Europa per il post Covid non potranno negare progetti strategici energetici all'unica terra rimasta senza metano. Nella Ruhr, il Sulcis della Germania, la terra promessa dei sardi emigrati, il dopo Covid, per esempio, sarà una rivoluzione senza precedenti, con la costruzione della più grande rete di idrogeno al mondo.

Il progetto tedesco

Entro il 2030, utilizzando ex condotte del gas naturale convertite, saranno disponibili tubi per 1.200 km dove far scorrere idrogeno, l'energia del futuro. Una rete da 660 milioni di euro, la "H2 Startnetz", collegherà i centri di consumo della Renania settentrionale-Vestfalia e della Bassa Sassonia a 31 «progetti di gas verde per la produzione di idrogeno». Il governo tedesco, alla pari di quello italiano, nei prossimi giorni presenterà il piano del dopo pandemia e in agenda ha già messo nero su bianco la strategia nazionale sull'idrogeno.

Vittorio Colao è uomo dei poteri forti ma non disdegna la benedizione del Santo Padre. Qualche anno fa, a colloquio con Francesco per connettere il Vaticano con Vodafone, ha spiegato la strategia della tavola rotonda in tema di innovazione. Bergoglio non è uomo che si incanta davanti al capitalismo spinto che ignora l'uomo e l'ambiente. In quell'occasione, come spesso gli capita, non lo mandò a dire: «Negli interventi sulle risorse naturali non prevalgano gli interessi di gruppi economici che distruggono irrazionalmente le fonti della vita».

La grande sfida

La scommessa per la Sardegna ora è volare alto. I capitoli del piano Colao sono scritti per altri, ma occorre osare, dal turismo ai crediti verdi. Per l'industria delle vacanze il piano cita l'obiettivo di fare due poli turistici nel sud Italia. Insediamenti ex novo, racconta la road map di Colao. Scelta incomprensibile e contraddittoria, alla quale si affianca l'esplicito richiamo alla vastità delle coste siciliane. La Sardegna turistica come se non esistesse. Ignorata in ogni singolo capitolo. Nelle 102 idee per il futuro, però, ci sono margini per avanzare sfide, lungimiranti e innovative, non calate dall'alto ma condivise. C'è, per esempio, la strategia del recupero degli immobili esistenti e abbandonati, il capitolo delle strutture ricettive che devono fare il salto di qualità, dai centri benessere al turismo congressuale, in grado di ampliare l'offerta. La scommessa dovrà essere quella della qualità e dell'innovazione. Un dato è certo, il piano Colao è stato scritto da e per i poteri forti, ma la Sardegna non potrà rinunciare alle sue sfide per il futuro. Quei nove miliardi che proporzionalmente spetteranno all'isola non potranno, per nessun motivo, essere persi. La sfida per la Sardegna è essere, per una volta, apripista anziché inseguitrice.

Mauro Pili

(giornalista)
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