Costretto a strisciare, seminudo, nel corridoio di un aereo per raggiungere la barella: è l'umiliante situazione che si è ritrovato a vivere martedì scorso Manlio Manconi, 49 anni, cardioanestesista del Brotzu. L'ultima tappa di una dolorosa vicenda iniziata la mattina del 27 aprile: mentre percorreva via Segni, a bordo della sua moto, un'Harley Davidson Fat Bob, diretto al lavoro, da un cancello è sbucata improvvisamente una Panda. L'urto è stato inevitabile. Il medico è stato trasportato, in codice rosso, al pronto soccorso del suo ospedale. I colleghi della Medicina d'urgenza si sono dati un gran daffare per curarlo. Ma le condizioni della sua gamba sinistra sono apparse da subito molto gravi: oltre a numerose fratture, i chirurghi, con un intervento miracoloso, sono riusciti a riattaccargli una parte del piede sinistro che si è era staccata nell'urto. Poi, dopo essersi consultato con i colleghi, ha deciso di andare in un centro specializzato di Milano per evitare l'amputazione della gamba. Ma quel viaggio, tre giorni fa, si è trasformato in un incubo.

Partiamo dall'inizio.

«Come viene richiesto in queste situazioni, abbiamo prenotato il volo cinque giorni prima: l'aereo, mi viene assicurato, è attrezzato per il trasporto di un paziente su una barella».

Martedì la partenza per Milano.

«Arrivato a bordo dell'ambulanza, sotto l'aereo, la barella viene messa sull'elevatore per consentirmi l'ingresso dallo sportello posteriore».

Tutto normale, parrebbe.

«Certo. Peccato che, appena varcato l'ingresso, i miei accompagnatori si rendono che non c'è sufficiente spazio per consentire alla barella di fare la curva per accedere nel corridoio».

Non le avevano assicurato che l'aereo era attrezzato per questo tipo di trasporti?

«A quel punto, mi caricano in un'altra barella, più leggera, chiamata "cucchiaio". Essendo più piccola, dovrebbe essere in grado di fare la curva per consentirmi di arrivare al corridoio».

E invece?

«Vengono anche smontate alcune parti per dare maggior margine di movimento. Ma è inutile. Certo, facendo una serie di manovre la curva potrebbe anche essere fatta. Ma tutti si rendono conto del fatto che quegli accorgimenti sarebbero pericolosi per me e, soprattutto, per il mio arto malato».

Facile immaginare la sua disperazione.

«E anche la preoccupazione degli accompagnatori che mi hanno portato in ambulanza dall'ospedale sino all'aeroporto. A quel punto, non ci sono molte alternative: se voglio prendere quel volo, mi resta solo una cosa da fare».

Che cosa?

«Chiedo di mettermi a terra per poter percorrere strisciando, con la forza delle braccia e della gamba sana, quei due metri che mi separano dal corridoio».

Quasi un'azione da Rambo.

«Con una differenza. A parte il dolore che sento nella gamba malata, in quel momento ho addosso soltanto il camicino da ospedale che protegge, a malapena, la parte anteriore del corpo».

Incredibile.

«Il dolore fisico quasi scompare se paragonato al dolore che provo dentro: immaginate l'umiliazione di strisciare seminudo davanti a tutti, equipaggio e passeggeri compresi».

Ma finalmente riesce a raggiungere il "cucchiaio".

«Ma non è mica finita lì. Fortunatamente i miei accompagnatori sono fisicamente prestanti e, quindi, mi sollevano sino alla barella. Ma anche io sono costretto a reggermi sulle cappelliere. La fortuna è che sono uno sportivo. Ma una persona non allenata che cosa avrebbe fatto»?

L'aereo, avevano garantito, era attrezzato.

«Invece, nel lettino non c'è neanche un lenzuolo. A sistemarmi, ancora una volta, sono i miei accompagnatori che mi rimettono a posto anche il camice».

Che sensazioni dopo quell'incubo?

«Vengo travolto da un sentimento che non è rabbia ma nemmeno vergogna: è un forte senso di frustrazione. A stento trattengo le lacrime cercando di darmi un contegno di fronte agli occhi disperati di mia moglie e a quelli preoccupati dei miei angeli custodi, gli infermieri che mi accompagnano nel viaggio».

Dopo il danno, la beffa.

«Una volta sistemato, passa una assistente di volo che mi chiede "posso portarle qualche cosa?". Faccio un respiro profondo e le dico "sì, grazie, un po' di dignità". Anche perché, allo sbarco, ho avuto gli stessi problemi».

Alitalia spiega che il servizio dipende dal personale dell'ambulanza che, in questo caso, era sprovvisto del "cucchiaio". Recuperato dal pronto soccorso, il cambio di barella, prosegue Alitalia, sarebbe dovuto avvenire nell'elevatore, cosa non fatta dagli infermieri. A quel punto, hanno sistemato il "cucchiaio" nel corridoio e Manconi è stato costretto a raggiungerlo strisciando.

Marcello Cocco

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