Il palazzo è di ghiaccio, anonimo, relegato in un sobborgo alla periferia di Sofia, nel cuore della Bulgaria occidentale, a due passi dall'aeroporto della capitale. Inutile cercare insegne, qui tutto scorre nel silenzio di società illibate nascoste nella giungla delle compagnie aeree. Per suonare un campanello devi avere codice di accesso e password. Arrivare al quarto piano dell'Astral Business Center, al numero 80 della Cristoforo Colombo a Sofia, è impresa azzardata. I documenti riservati di questo austero ufficio sono blindati. Scardinare lo scrigno dei segreti della Tayaran Jet significa aprire per la prima volta la pista bulgara di Air Italy e della sua fine.

Quella che stiamo per raccontarvi è una storia di compagnie aeree senza aerei, di assistenti di volo diventati miracolosamente manager e soprattutto di tanti e tanti denari dilapidati sulla testa di un'isola, la Sardegna, e di 1.500 lavoratori, quelli della dipartita Meridiana, sbattuti per strada senza vergogna.

Manager, o presunti tali, capaci di scavare impunemente, in appena un anno, un buco di 230 milioni di euro senza che nessuno abbia mosso un dito per fermarli.

Le manovre

Dietro le serrande abbassate di Air Italy, la compagnia aerea nata sulle spoglie di Meridiana e ancor prima di Alisarda, non c'è solo spregiudicatezza e incapacità. La cassaforte della compagnia bulgara Tayaran Jet si è aperta proprio quando tutto sembrava dover restare seppellito per sempre nella liquidazione "in bonis" di Air Italy. Una scelta costosa ma necessaria, non tanto sul piano etico, non era certo questo il movente, ma semmai quello di evitare ai giudici di metter mano alla gestione finanziaria e aeronautica della società. Quello che è successo in questi ultimi anni nella ex Meridiana, sino ad oggi, è stato solo accennato: sprechi, scelte confuse e azzardate, manager inadeguati, strategie campate per aria. Denunciato e contestato, a tutti i livelli. Poi, però, c'è il cuore del sistema che ha svuotato Air Italy per riempire altri portafogli.

La pista bulgara ha da oggi nomi e cognomi e soprattutto documenti. Firme in calce che inchiodano al granito di Gallura i protagonisti di questa intricata e segreta gestione di Air Italy. Il fascicolo è top secret.

Il noleggio

Oggetto dell'operazione è il noleggio due aerei B737-300. Gli unici due aerei di questa sconosciuta compagnia bulgara: Tayaran Jet. Un contratto da mille e una notte con prezzi da ricchi premi e cotillons . Aerei vecchi come il cucco, raccattati nel mercato dell'usato antico, datati come pochi altri. Verniciati a nuovo, come le livree di una vecchia signora, intrisa di strabordante fard e rossetto. La Lufthansa, che li aveva comprati nel 1991 dalla Boeing, li aveva restituiti agli Stati Uniti nel 2016. Parcheggiati per due anni nella camera pre-rottamazione sono stati comprati per quattro soldi dall'anonima società bulgara. Il documento che riproduciamo integralmente non ammette favole. È la prova regina del sistema su larga scala messo in piedi per trasferire ingenti risorse di Air Italy fuori dal confine. Con quei noleggi, cogliendo la scusa della messa a terra dei Boeing B737-8 Max, dopo i due drammatici incidenti, si è messa in piedi un'operazione di noleggi con cifre da capogiro. Gli equipaggi sardi sono rimasti a terra per far spazio a quelli bulgari, gli equipaggi di Air Italy licenziati e le rotte di corto e medio raggio, prima tra tutte la Sardegna, affidate per il 70% a compagnie inesistenti nell'immaginario aeronautico europeo.

La casualità ha voluto che questo tipo di noleggio di aerei decotti, segnati dal tempo, affidati ad equipaggi stranieri per gestire le rotte sarde, sia finito nelle mani di sconosciute compagnie bulgare. Come se l'Europa a 27 non esistesse e solo in Bulgaria si noleggiassero aerei armati di equipaggi.

Il manager

Il caso ha voluto, però, che a guidare Air Italy sia un ragazzotto, Rossen Dimitrov, legato a filo doppio, al potentissimo Al Baker, l'amministratore delegato della Qatar Airways, proprietaria al 49% della compagnia scippata alla Sardegna. Lui, Dimitrov, assistente di volo fattosi manager per grazia di Al Baker, veste arabeggiante ma l'anagrafe lo tradisce: Bulgaria.

A firmare e gestire l'accordo con la Tarayan è il suo braccio destro, appena nominato, il comandante greco Konstantinos Iliakis. Un aereo, un mese di noleggio, la bellezza stratosferica di 500mila euro. Secondo le stime del mercato, quell'aereo vecchio di 28,5 anni, escludendo il personale di volo, sarebbe costato centomila euro. Air Italy ne noleggia due, tutti quelli nella disponibilità della compagnia bulgara. Le condizioni del contratto sono paradossali. Si parla di un'estensione di un accordo già in essere. Con un minimo garantito dell'84%. Vuol dire che se quei due aerei non avessero volato nemmeno un'ora avrebbero ricevuto per un mese 838 mila euro. Come se si sapesse che tutto stava per precipitare, le condizioni di pagamento sono da fuga dalla casa in fiamme: pagamento anticipato, tre giorni prima di ogni 15 giorni. Un trasferimento di denari rapido e preventivo come se non ci fosse un domani. Come effettivamente è stato l'11 febbraio di quest'anno.

I contratti

Dimitrov, salutando l'ingresso di Iliakis nella compagnia, affermò: «Si tratta di un momento molto eccitante per la compagnia». Non si sa se si riferisse a questo genere di contratti a luci rosse. Il metodo del wet leasing , noleggio di aerei compresivi di equipaggi, divenne la regola di Air Italy. I contratti si moltiplicarono, tutti sulla stessa traccia. Dopo Tayaran Jet, venne la Bulgarian Airways, ovviamente, manco a dirlo, bulgara. Air Italy, figlia degenere dell'Alisarda, nata e cresciuta in terra di Sardegna, appaltata a costi esorbitanti alla Bulgaria, come se niente fosse.

La regola dei soldi dilapidati sull'altare dei noleggi stranieri sembra un'indole genetica del Qatar e dei suoi discepoli. Soldi che entrano e che escono con la velocità di un aereo prestato in cambio di una montagna di denari.

In questo caso a farne le spese è sempre stato il Principe Karim, ignaro di quanto succedeva nel suo vecchio amore dei cieli, tenuto all'oscuro dai suoi stessi scudieri. I soldi entravano nella compagnia dalla porta principale e uscivano tutti dalla finestra. Non è un caso che il flusso di denaro del Qatar sia finito più volte nelle porte girevoli della compagnia. Air Italy, guidata dagli uomini di Al Baker, acquistava, per esempio, dalla Qatar Airways a prezzi anche tre volte superiori a quelli di mercato, servizi, pezzi di ricambio e noleggi di ogni genere. Basti pensare al leasing dei 5 Airbus A330. Aerei con 15 anni di vita, parcheggiati senza futuro in un prato di sabbia a Doha, concessi sotto lauto pagamento direttamente alla consorella italica Air Italy. Anche in questo caso con cifre da capogiro: una rata mensile media di 500mila dollari per ogni aereo. Sul mercato quel noleggio non valeva più di 185 mila dollari. Il sistema di costi artatamente sovradimensionato è una regola, con un effetto moltiplicatore sull'intera gestione e conseguentemente sul debito. L'approccio ad esasperare i costi era talmente collaudato che il 5 aprile di quest'anno, liquidazione in corso, per un intervento su un motore di uno degli aerei A330, il Qatar manda via mail il preventivo di spesa: 100mila euro. Il braccio operativo delle manutenzioni di Air Italy è uomo di stretta osservanza qatariota e risponde senza tentennamenti: sì, procedete pure. Peccato che quel tipo di intervento è stimato in ogni angolo della terra tra i 10 e i 15 euro. La manodopera per quell'intervento pagata 40 dollari all'ora anziché 70 come chiede il Qatar, e anziché 608 ore di lavoro come chiede la Qatar Airways ne servono al massimo 300/350.

La fine

I manager del Qatar distruggono Meridiana e in un anno mettono a segno un risultato finanziario senza precedenti: 230 milioni di euro di perdite con meno di 7 aerei in flotta. Alitalia al cospetto sembra un eden dorato.

Ieri i commissari liquidatori, nominati da Air Italy, anche loro strapagati, hanno annunciato che faranno di tutto per far accedere alla cassaintegrazione i lavoratori rimasti senza futuro. Nel silenzio di tutti, però, l'ex commissario dell'Alitalia, ora della fu Air Italy, Enrico Laghi, ha sommessamente comunicato che il lotto di vendita denominato Aviation, quello che contiene il COA, il certificato di autorizzazione al volo e all'esercizio di una compagnia di quel livello, non lo vuole comprare nessuno. Zero offerte anche per il personale. Nessun interesse, raccontano i necrofori del Qatar. Peccato che quel certificato, il COA, sia fondamentale per la Sardegna. Con la fine di Air Italy è venuta meno anche una minima concorrenza sui cieli della continuità territoriale. Disporre di quell'autorizzazione a volare, significa spiegare ad Alitalia che non potrà puntare la pistola fumante del ricatto monopolista sul futuro della Sardegna.

Mauro Pili

(Giornalista)
© Riproduzione riservata