«Mio marito è stato sottoposto al tampone per l'accertamento del contagio da coronavirus dopo sedici giorni di febbre: solo ieri abbiamo scoperto che è positivo. Non mi interessa nulla della privacy, è giusto avvertire chi è stato in contatto con lui».

A denunciarlo sul gruppo Facebook "Il nostro paese San Sperate" è Margherita Errante, moglie di uno dei tre speratini affetti da coronavirus. L'uomo è stato ricoverato ieri, in seguito all'esito dell'esame epidemiologico arrivato dopo una lunga battaglia affrontata dalla moglie. Quest'ultima, disperata, ha voluto sfogarsi con i compaesani, mandando letteralmente a quel paese le norme che vietano la divulgazione delle generalità dei contagiati.

La denuncia - «Da giorni mio marito aveva la febbre a quaranta», scrive. «Ho lottato come una iena. Ho telefonato al 112 che mi ha girato il numero verde: gli operatori mi hanno detto che se si trattava di febbre non c'era da preoccuparsi». Rassicurazioni che non hanno convinto la donna: «Ho chiamato il 118, i sanitari sono intervenuti dopo la quarta telefonata. Hanno visitato mio marito, escludendo la possibilità di un contagio da coronavirus: Se lo ricoveriamo peggiora - hanno detto -, meglio se rimane a casa, visto che soffre di demenza ».

Poi, secondo il racconto della donna, la telefonata di un medico all'unità di crisi: «Finalmente mercoledì sia mio marito che io siamo stati sottoposti al tampone». Ieri l'esito: «Lui è positivo al virus, io no».

«State attenti» - In chiusura del messaggio, diventato virale, la moglie del contagiato mette in guardia i compaesani che hanno risposto con una pioggia di ringraziamenti: «Della privacy non me ne frega niente, vorrei avvertire chi ha incrociato mio marito, o chi ci ha parlato, visto che lui non mi sa dire nulla. Non mi vergogno: la pandemia non guarda in faccia a nessuno, se possibile aiutiamoci. Pensate bene se avete parlato con mio marito circa 15 giorni fa. Questo lo devo al mio paese».

Il Comune - Tra i commenti solidali quello del sindaco di San Sperate Enrico Collu: «Ognuno fa ciò che ritiene giusto e utile alla comunità. L'Ats cercherà di ricostruire tutti i contatti dell'uomo, ma dal momento che la moglie lo ha reso pubblico inviterei, senza farsi prendere dal panico, tutti coloro che lo hanno incontrato a mettersi in quarantena volontaria, per rispetto proprio e nei confronti degli altri. Chiederei cortesemente di evitare a esortare la gente a rendere pubblica la positività. Ognuno ha sensibilità diverse, abbiamo rispetto delle regole e delle decisioni di ciascuno».

Lorenzo Ena

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Signor sindaco, non pensiamo sia da stigmatizzare chi ha avuto uno slancio di altruismo e di grande responsabilità verso il prossimo, rendendo pubblica una vicenda così privata e dolorosa come quella della signora Margherita. Serve riportare notizie come questa per sensiblizzare ulteriormente chi ancora non ha chiara l'importanza della comunicazione per arginare il fenomeno. A beneficio di tutti. Rispettando ovviamente chi decide di fare in altro modo. L'omertà non è mai una cura.

(Unioneonline/a.p.)
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