La causa intentata contro lo Stato dai familiari delle 140 vittime del traghetto Moby Prince, andato in fumo nel terribile rogo divampato la sera del 10 aprile 1991, arriva a processo.

La prima udienza è fissata al Tribunale civile di Firenze per il 26 marzo 2020.

La notizia è stata resa nota da Luchino Chessa, presidente dell'Associazione "10 Aprile - Familiari Vittime Moby Prince onlus" nonché medico del policlinico universitario 'Duilio Casula' di Cagliari e professore del Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica dell'Università degli Studi di Cagliari.

Nello specifico, i familiari delle vittime per il risarcimento dei danni hanno citato il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e quello della Difesa, e ciò sulla base delle "evidenze scaturite" dal lavoro della commissione parlamentare d'inchiesta della scorsa legislatura, riguardo "alla mancata azione di controllo sul porto di Livorno e alla omissione dei soccorsi al Moby Prince da parte degli organi competenti".

"Rimane da capire cosa è successo al Moby Prince prima della collisione - commenta Luchino Chessa - un tassello mancante in un puzzle in buona parte ricostruito, e perché le assicurazioni delle compagnie di navigazione coinvolte poco dopo due mesi dalla strage si sono accordate tra loro. Ancora troppi scheletri rimangono nascosti negli armadi. Speriamo che il nuovo anno che arriva riesca a liberarne qualcuno".

Nel frattempo vanno avanti le indagini delle procure di Livorno e di Roma sui reati non prescritti.

Nella tragedia del traghetto, partito da Livorno in direzione Olbia, trovarono la morte anche 26 sardi. La causa il terribile rogo divampato con la petroliera Agip Abruzzo proprio nel porto di Livorno

Secondo quanto emerso dalle indagini, il disastro non sarebbe riconducibile alla presenza di nebbia e alla negligenza del comando del traghetto, come inizialmente ipotizzato: il fenomeno atmosferico fu usato in modo immotivato per giustificare il caos dei soccorsi, scattati un'ora dopo la collisione.

(Unioneonline/v.l.)
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