Il M5s sull'Emilia Romagna è andato in tilt. In questo voto digitale che ribalta i vertici, Rousseau, che doveva essere l'amico digitale e l'angelo profeta della nuova epoca, è diventato la croce politica. Il voto che doveva essere il tripudio della democrazia diretta è diventato una prigione con le sbarre d'acciaio. I leader che sapevano sempre dire la cosa giusta, adesso restano come afoni, senza sapere cosa dire per paura di sbagliare. È un big bang. È un anno zero. È un punto di non ritorno.

È davvero interessante - e per certi versi anche drammatico - il dibattito che si è aperto nel movimento dopo questo voto. Chi dice che già il quesito era tendenzioso, tenta addirittura di invalidarlo in radice. Chi (sempre nel movimento) contesta Di Maio da sinistra dice che il capo politico ha usato le sue urne telematiche per legarsi le mani al volante, e farsi obbligare dal suo popolo a non allearsi con il Pd. Chi lo contesta da destra dice che adesso deve trarre le conseguenze, e tornare alla vecchia equidistanza tra destra e sinistra. Chi ha nostalgia chiede un nuovo intervento demiurgico di Beppe Grillo. Chi è nel governo ti racconta che Di Maio si sente insidiato da Conte e per questo sembra che cammini con il suo sorriso pietrificato e con il freno a mano tirato.

Sono tutti insoddisfatti, sono tutti arrabbiati: e appena esci dai confini del M5s, capisci che l'onda d'urto si propaga, e che anche la coalizione vacilla. Ieri a Piazzapulita, il giovane leader delle sardine spiegava: «Abbiamo fatto in sei giorni quello che Salvini ha fatto in sei anni!».

Presuntuoso, certo: ma anche sicuro e solare. Il bello che in qualche modo è anche vero. Nel tempo del populismo - per parafrasare una celebre massima di Pietro Nenni - c'è sempre "qualcuno più populista che ti epura". Il movimento delle sardine, oggi, sembra una nuova incarnazione turbopopulista, antipopopulista, popolare, che minaccia le vecchie forme di mobilitazione facendole invecchiare. Domani, magari, saranno divorate da un altro pesce ancora più scaltro. Ma intanto oggi parlano e dicono una cosa potente, al M5s, al Pd, persino a Matteo Salvini: attenti che potete invecchiare in un nanosecondo. Ed ecco il tema, che tiene insieme il governo giallorosso e i destini degli eredi di Beppe Grillo. Hanno mezzo anno di vita e già cento anni di età. Le lingue della rete stravolgono la politica e ti impongono di continuo di scegliere, di evolverti, ti ripensarti. Si invecchia come un hashtag che per un giorno catalizza la discussione in rete e il giorno dopo si dissolve nel nulla.

Intorno a te nulla può attendere: il Mose è il simbolo del ritardo della prima Repubblica che però tu erediti come una catastrofe contemporanea, le clausole di salvaguardia sono il lascito disastroso di ben quattro diversi governi che però tu assumi adesso. L'Ilva è una catastrofe del secolo scorso e di quello attuale, a cui però la gente vuole che tu risponda adesso. Tu, non altri.

Tutto questo accade adesso, e finisce anche in quel voto sull'Emilia Romagna e dice oggi al movimento Cinque stelle: o voi diventate grandi adesso, o siete già morti. E diventare grandi significa che dovete scegliere. Allo stesso modo anche il governo giallorosso deve scegliere e diventare grande. E anche Matteo Salvini deve stare attento che una nuova folla che riempie le piazze - oggi le sardine, domani chissà - non lo faccia passare di moda. Spegnete la tv, una di queste sere e fate un esercizio: andate a vedere "Joker", un film che apparentemente nasce da un fumetto, e che a prima vista nulla avrebbe a che fare con quello di cui parliamo. Scoprirete che questo film - già in odore di Oscar - ha preso su di se, come la carta moschicida, lo spirito di un tempo: città decadute, popoli abbandonati, tutele sociali che saltano, sistemi di welfare vecchi mezzo secolo che collassano. Rabbia che esplode. Se non vogliamo ritrovarci tutti come nella scena finale di questo film, con la rabbia che danza come un clown assassino nelle nostre strade, dovremo capire che si può raccontare tutto, o dire tutto. Ma che alla fine la politica deve passare per questo imbuto: scegliere, dare risposte, fare scelte, indicare un progetto. Trovare soluzioni. Altrimenti oggi è l'Ilva, domani sarà l'Alcoa, e dopodomani sarà un altro pezzo della nostra storia industriale che crolla a dirci che è tardi: un anno fa il ponte Morandi è diventato la metafora di un paese malato, ma era troppo difficile da sopportare e non lo abbiamo voluto capire.

Luca Telese

(Giornalista e autore televisivo)
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