Oggi è previsto il voto finale sul disegno di legge cosiddetto "anti casta", che andrà a modificare gli articoli 56 e 57 della Carta Costituzionale portando il numero complessivo dei parlamentari dagli attuali 945 a 600.

In particolare, i deputati non saranno più 630 bensì 400 ed i senatori 200 anziché 315. E sempre oggi dovrebbe essere messo a punto pure un documento inerente una serie di riforme che dovranno fare da contrappeso al taglio di poltrone attraverso l'estensione del voto ai diciottenni per l'elezione del Senato, la riduzione dei delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica, la riforma della legge elettorale che taluni vorrebbero su base maggioritaria e altri, i più, su base proporzionale.

Ma questa riforma, come annunciato dai pentastellati, sarà davvero utile al paese in termini economici di taglio dei costi? Costituisce davvero, come alcuni sostengono, un "vulnus", un pericolo, per il principio di rappresentanza dei cittadini in Parlamento? È davvero una riforma anti casta oppure, al contrario, ne assume solamente le mentite spoglie al fine di garantire, a chi "personalizza" il Governo, e quindi il proprio potere, di preservare e blindare proprio quella tanto odiata casta rendendo gli interlocutori delle due Camere meno incisivi?

Premesso il mio atteggiamento tendenzialmente favorevole alla riforma, tuttavia riconosco non solo che nella sua scarna formulazione attuale, e in assenza di ulteriori correttivi, più che colpire la casta essa tenda invece a tutelarla, ma, nel contempo, riconosco anche che la risposta a questi interrogativi sia meno scontata di quanto si possa pensare. Intanto, perché i principi sanciti dalla nostra Costituzione in argomento, ben lungi dall'impedire la relazione politica che necessariamente deve intercorrere tra gli elettori ed i loro eletti, al contrario la favorisce in maniera ampia e capillare e, pertanto, quegli stessi principi, potrebbero contrastare con l'idea, o meglio, con la rappresentazione, di assemblee legislative di contenuto ristretto rispetto al numero di elettori che andrebbero inevitabilmente a comprimere il livello di omogenea rappresentatività in ogni ambito territoriale col rischio ulteriore di allontanare i cittadini che si sentissero non rappresentati, soprattutto quelli delle Regioni a Statuto Speciale, dalla partecipazione alla vita politica del Paese. Quindi, perché, così come formulata, questa riforma si traduce in una modifica in peggio dell'apparato vigente siccome del tutto scollata rispetto al meccanismo del bicameralismo, rimasto invariato, che costituisce il perno del sistema istituzionale italiano. Poi, perché, di conseguenza, in assenza di qualsivoglia previsione normativa che voglia porsi l'ambizione di ridefinire un equilibrio alternativo di funzioni tra il Parlamento e la forma di Governo, siffatta modifica costituzionale sarà non solo totalmente inefficace e dannosa, ma sarà destinata a restare intrappolata nel limbo propagandistico fine a se stesso e utile solo a riempire la pancia del popolo a cinque stelle. Ancora, perché in termini di taglio dei costi, sebbene ogni forma di risparmio nei tempi correnti sia sempre benvenuta, si parla di "soli", si fa per dire, 65-100 milioni circa all'anno, il che evidenzia che siffatto argomento "a favore", tanto caldamente propinato alle masse, costituisce solamente uno specchietto per le allodole finalizzato a nascondere la metamorfosi dei 5 Stelle in Casta, ossia in ciò che hanno costantemente combattuto, diventando a tutti gli effetti "establishment". Inoltre, perché, presa sempre nella sua scarna formulazione attuale, la riforma sul taglio dei parlamentari, pure con quelle annunciate riforme di contrappeso, finirà per incidere negativamente in termini di efficienza sul funzionamento del Parlamento che potrà contare su un numero ridotto di componenti. Infine, ma tanto altro ci sarebbe da dire, perché come da più parti correttamente evidenziato, il taglio dei parlamentari inciderà negativamente sulla possibilità di partecipare alle competizioni elettorali, siccome le stesse necessiteranno di campagne costosissime che non tutti potranno affrontare, favorendo di conseguenza la affermazione di una ristretta elite di eletti, ossia di notabili, che andranno ad eseguire puramente e semplicemente le decisioni dei loro boss.

Che dire? Se questa non è conservazione ed esaltazione della casta, allora non saprei davvero come definirla. Ma i pentastellati non cantino vittoria troppo presto. Chi troppo vuole nulla stringe, soprattutto quando i fini non sono conformi all'interesse degli italiani. Occorre fare tesoro delle esperienze passate e ricordare che proprio sul referendum costituzionale che aveva ad oggetto, tra l'altro, proprio il taglio dei parlamentari, il povero Renzi è drasticamente inciampato vedendo crollare in un batter di ciglia tutto il suo potere.

Non per voler essere superstiziosi, ma per non saper né leggere né scrivere, meglio pensarci. Al di là, comunque, delle riflessioni svolte è davvero triste constatare che anche quei partiti che in precedenza si erano espressi contro questa pseudo e scombinata riforma, come PD, Italia Viva, LEU, FI, chi in nome di una ritrovata intesa, chi per mero opportunismo politico, all'improvviso abbiano cambiato idea, quasi che la precedente loro posizione fosse solo dettata da esigenze di sterile opposizione.

Una cosa appare certa, quanto meno per ciò che riguarda la finalità immediata del taglio dei parlamentari: servirà a consolidare il Governo attuale perché è chiaro che difficilmente gli abitanti del Parlamento desidereranno tornare al voto prima della fine della legislatura per la semplice circostanza che la riduzione sarà praticata fin dai prossimi appuntamenti elettorali. Altro che Italia Viva a 5 Stelle! Sarebbe più onesto dire Povera Italia.

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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