Dopo la boutade agostana di Salvini è arrivata quella settembrina di Renzi, sinceramente prevedibile quanto concretamente inevitabile se non col voto anticipato che, all’evidenza, avrebbe mandato l’ex Premier direttamente “knock out” cancellandolo definitivamente dal panorama politico italiano.

Tuttavia, tanto nel caso di Salvini, vittima della sua stessa popolarità, quanto nel caso di Renzi, vittima al contrario della sua impopolarità, non dobbiamo commettere l’errore di spacciare per intelligenza politica ciò che all’intelligenza e men che meno alla politica neppure lontanamente si avvicina. L’ex Sindaco di Firenze, che quanto ad egocentrismo e bramosia di potere non ha nulla da invidiare all’ex Ministro dell’Interno, con un “cucù” plateale e bambinesco, non ha resistito alla tentazione di recuperare quella visibilità persa da tempo, provocando una scissione gravissima all’interno di un partito già fortemente indebolito proprio a cagione del suo stesso operato politico indirizzato a favore dei poteri forti e per nulla attento agli interessi e alle esigenze della classe operaia del paese ingiustamente tartassata.

Era talmente tanta la voglia di ottenere la sua personale rivincita nei confronti non solo del rivale padano, ma anche nei confronti dello stesso Zingaretti, rimasto suo malgrado schiacciato da una operazione clandestina premeditata, da non prendere neppure in considerazione, al pari dell’acerrimo nemico leghista, tutte le conseguenze di una mossa kamikaze per sé prima ancora che per il partito democratico.

Il Bomba nazionale gongola, per il momento, ma questa volta l’ha sparata davvero grossa. Renzi al pari di Salvini non ha tenuto conto del fattore “X”, ovverosia di Giuseppe Conte giacché, lo sanno pure i bambini, tra i due litiganti è il terzo che gode. Tanto più quando nei sondaggi, mentre l’indice di gradimento dell’attuale Premier sale, quello di Renzi e Salvini corrispondentemente scende.

Ma allora quanto “pesa” Renzi fuori dal PD? Cosa crede di poter ottenere? “Italia Viva” sarà davvero in grado di appropriarsi del favore di quell’elettorato di centro fino ad oggi fedele al partito del Presidente Berlusconi qualificandosi come nuovo movimento liberale? Sinceramente credo non solo che Renzi fuori dai DEM abbia sopravvivenza limitata, ma anche che la sua incidenza sulle decisioni dell’attuale governo, per quanto inizialmente possa apparire decisiva, verrà inevitabilmente controbilanciata dai gruppi di centrodestra, ed ancora, credo proprio che il suo neonato partito finirà per essere stroncato in culla prima ancora di poterne saggiare le potenzialità nell’ambito di una competizione elettorale vera e propria.

Intanto, perché se davvero Renzi avesse voluto dar vita ad un partito suo, davvero vincente, avente una matrice liberale, avrebbe dovuto farlo prima di quel fatidico referendum del 2016 sul testo di legge costituzionale avente ad oggetto, tra l’altro, “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, riduzione del numero dei parlamentari e revisione del Titolo V della Costituzione,” il cui esito, sorprendentemente, ha segnato la fine della sua esperienza di governo. Quindi, perché oggi, nel clima di generale incertezza che si è venuto a creare, la tattica renziana si rivela utile solo a rafforzare il governo giallo rosso per la semplice circostanza che l’eventuale percorso di affermazione della sua nuova creatura politica necessita di tempo che solo l’alleanza abominevole tra PD e 5 Stelle può assicurargli. Poi, perché se per puro caso, credendosi forte in virtù di quel manipolo di uomini e donne di cui dispone, gli dovesse davvero venire in mente di far cadere il governo di qui a poco, ossia passato il pericolo manovra e aumento iva, comunque, con l’attuale legge elettorale, tendenzialmente proporzionale, troverebbe ben poco spazio, forse nessuno, nell’eventuale nuovo esecutivo. Inoltre, perché, a volerla dire tutta, sebbene oggi possa, come “Italia Viva”, far valere la sua posizione in via autonoma rispetto al partito di provenienza recuperando quella visibilità perduta da tempo, e possa partecipare addirittura in prima persona alla scelta del Presidente della Repubblica e non solo, tuttavia non sarà altrettanto semplice, in questa era di politici “mordi e fuggi”, recuperare la stima dell’elettorato, soprattutto laddove resti ancora legato a Maria Elena Boschi, di cui dovrà necessariamente liberarsi rapidamente se vorrà ritrovare, ma la vedo dura, un minimo di credibilità.

Infine, perché è fin troppo chiaro a tutti che quest’ultimo colpo di scena rappresenta solamente uno squallido gioco di potere, in tutto identico, finalisticamente parlando, a quello del leader padano, che finirà con l’essere percepito con estremo disagio dal popolo. Alla fine della fiera Renzi, e con esso “Italia Viva”, sopravviverà esattamente quanto il governo giallo rosso. Purtroppo negli ultimi anni, il declino delle ideologie, l’incapacità di rappresentare e individuare in maniera netta le politiche sinistrorse, destrorse e centriste, ha portato alla affermazione pericolosissima dell’individualismo politico e alla ricerca dell’interesse personale perdendo completamente di vista quello nazionale.

La politica, dall’essere servizio verso il popolo, è divenuta solo strumento di arricchimento e di potere alle spalle di un paese in estrema difficoltà continuamente tartassato. Per fare cassa a discapito della classe lavoratrice non avevamo bisogno né di Monti, né di altri cervelloni. La vera riforma sarebbe quella non solo di ridurre il numero dei parlamentari, ma anche quella di ridimensionare i loro lauti compensi fino ad un tetto massimo di 5.000,00 euro. Solo allora avremo modo di capire chi davvero vorrà assumersi seriamente, e con competenza, la responsabilità della guida del paese. Di vuoti a perdere l’Italia non ha più bisogno.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato Nuoro)
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