La battaglia per l'archeologia sarda non è solo accademica. Non si confrontano due teorie (da una parte quella di un frammentato popolo di pelliti usi a combattersi ciecamente tra villaggi, arroccati nei nuraghi-fortezze, privi di una lingua scritta e di una visione d'insieme, tecnologicamente sottosviluppati e costretti all'isolamento dall'incapacità di navigare; dall'altra quella di una civiltà che primeggia nel Mediterraneo, i "Costruttori di Torri" che usano navi evolute e lasciano tracce anche oltre le colonne d'Ercole, che coltivano viti e meloni diecimila anni prima di Cristo, legati in stretta federazione e adepti di una religione capace di sviluppare decine di migliaia di centri di culto, artisti sopraffini e tecnologicamente all'avanguardia, scienziati e soldati temibili che s'impongono sin in Egitto e che sconfiggono i Romani anche in campo aperto, come raccontato da Tito Livio).

Ormai non si confrontano più queste teorie, perché le prove che via via sono emerse e continuano ogni giorno a rivelarsi a favore della seconda (ultime le iscrizioni, la lingua scritta nascosta) sono ormai dirompenti, incontrovertibili. E perché la scoperta dei Giganti di Mont' e Prama è stata un'esplosione che ha cancellato decine d'anni di superficialità scientifiche, di ritrosie e omissioni, di false piste e bugie. Non è un caso che i primi Giganti (la cui datazione oscilla dal IX addirittura al XIII secolo a.C.!) siano stati nascosti per ventisette anni in un magazzino prima di essere mostrati all'opinione pubblica.

Non è casuale che siano stati poi divisi tra Cagliari e Cabras per svilirne la portata; che si sia permesso l'impianto di nuove vigne nei terreni che i georadar hanno dimostrato nascondere nuove numerose presenze; che tutto il Sinis, la nostra magica "Porta d'Ingresso", che nasconde non solo il mistero di Monte Prama ma interi villaggi di incalcolabile valore, sia stato marginalizzato e trascurato a favore di altri siti più facili e coerenti con le obsolete narrazioni. Non è un caso, infine, che anche oggi i seguaci dell'oscurantismo archeologico si scaglino ideologicamente contro i Giganti, divenuti l'emblema, non voluto, di un rinascimento scappato di mano.

Scrive bene Antonio Delitala: "La Sardegna è un immenso tesoro di storia e di archeologia, ma oscuri poteri impediscono che si faccia luce su migliaia d'anni sepolti e conservati nell'oblio", ma non si pensi che i "poteri oscuri" siano solo quelli accademici, o abbiano solo permalosità e fini accademici.

Esistono motivazioni storiche tese a giustificare duecento anni di crudele colonialismo contro una razza sub-umana e delinquente (Niceforo dovrebbe essere letto nelle scuole, come pure le dichiarazioni ultime di personaggi insospettabili sui sardi e sui barbaricini); c'è un post-colonialismo tuttora non interiorizzato, si legga anche "Il Principe e il Giurista" di Alessandro Carrera; c'è la dura competizione tra regioni; e crescono oggi forti pulsioni neo-liberiste che agiscono affinché gli sfruttati non sappiano di esserlo (ecco perché non si ribellano), e la negazione della storia e dunque dell'identità sono chiavi importanti di non-riconoscimento.

Come scrive Chiara Volpato nel suo "Le radici psicologiche della diseguaglianza" che indaga l'enigma dell'accettazione della sottomissione, "non ci si ribella alla propria condizione perché non la si riconosce".

C'è tutto questo nello svilimento del nostro patrimonio archeologico, nell'eliminazione della nostra storia dalle scuole e dalla nostra cultura di base, nella cancellazione di scoperte che avrebbero fatto la fortuna d'interi territori, di nazioni, e avrebbero creato lavoro, opportunità d'alto rango e speranze.

Eppure questo non basta, né nel nostro caso appare ragionevole ricorrere all'improbabile "cherchez la femme". C'è invece nell'aria un sentore di grandi spoliazioni sottaciute, a iniziare da quelle di La Marmora, di flussi di manufatti, capolavori e gioielli che nella storia antica e recente sono scomparsi, approdando in altre coste.

Tombe, nuraghi e villaggi si mostrano per lo più nudi: l'immenso tesoro archeologico di una civiltà straordinaria ha partorito solo topolini?

Accidenti, a rifletterci bene abbiamo avuto tombaroli estremamente organizzati, esperti nell'internazionalizzazione delle opere d'arte, scaltri e omertosi, capaci di lavorare sistematicamente su un tessuto di circa ventimila siti.

Mi chiedo: abbiamo perso per strada una tale competenza distintiva e un altro pezzo di storia?

Ciriaco Offeddu

(Manager e scrittore)

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