Zouhair Korachi è l'uomo che, con una lettera fatta recapitare in Procura (a maggio) e una telefonata a L'Unione Sarda (due giorni fa), ha confessato di aver ucciso la 72enne Vincenza Basciu in piazza Granatieri di Sardegna il 25 febbraio 1993: si tratta della stessa persona salita agli onori della cronaca nera in altre tre occasioni. Una rivelata da lui stesso al nostro quotidiano giovedì (un delitto del giugno 1993 nel Mantovano), le altre ora all'attenzione del pm: una condanna per lesioni sulla moglie e il coinvolgimento sulla scomparsa di don Antonio Pittau, parroco della cattedrale.

«Sono stato io»

Korachi sostiene di vivere a Casablanca, in Marocco, e di voler «pagare il debito» con la giustizia per quel vecchio fatto. L'anziana era stata massacrata con calci e pugni e sbattuta violentemente a terra ma la responsabile era stata individuata nella figlia Rita Panazzotti, che poi aveva trascorso 10 anni in un ospedale psichiatrico in quanto incapace di intendere e volere. «Non voglio più portarmi dietro questo peso, vivere con questa bugia», ha detto, «per tornare in Italia serve che le autorità mandino una richiesta al mio Paese e in poche ore posso andare a Cagliari. Rita è innocente. Io ho strangolato, legato e accoltellato Vincenza». Ma nella lettera diceva di aver lasciato la donna viva in casa con un amico slavo (con lui voleva chiedere alla Panazzotti un aiuto per vendere 5 chili di hascisc), di essere uscito e di averla trovata morta al suo rientro. Incongruenza notevole. Che dire poi dell'asserita necessità di una richiesta formale per rientrare in Italia? Cosa gli impedisce di farlo da solo? E poi: perché solo oggi la confessione?

Lesioni e omicidio

I dubbi degli inquirenti sulla credibilità dell'uomo aumentano scavando nel suo passato. A metà anni Ottanta, a Decimomannu, Korachi era stato condannato per aver provocato gravi ustioni all'allora moglie con l'olio bollente. In seguito, trasferitosi in continente, era stato arrestato per aver ucciso la seconda consorte (da lui definita «un'amica di Carbonia che faceva l'infermiera») e aveva scontato «25 anni e 5 mesi».

Il mistero don Pittau

Tra questi due fatti era stato protagonista di uno dei casi più misteriosi a Cagliari: la scomparsa di don Pittau, trovato morto all'alba del 23 dicembre 1988 sul fondo di una scarpata lungo la Statale 125. Un episodio che aveva portato all'apertura di più inchieste tutte sfociate con una archiviazione: si era trattato, secondo le indagini, di un disgraziato incidente stradale. Korachi era entrato in questa vicenda sotto due vesti: di indagato prima e di testimone poi. Tra le diverse ipotesi vagliate allora dalla Procura per trovare un movente (si sospettava un omicidio), c'erano quelle su presunte pratiche sessuali proibite in chiesa e un battesimo cattolico non gradito dal genitore (musulmano) del bimbo. In quest'ultimo caso la cerimonia si era tenuta alle 9,30 del 22 dicembre 1988, poche ore prima che don Pittau lasciasse la cattedrale (alle 15) e sparisse. «Vado a mettere benzina e fare un giro in macchina», il biglietto lasciato dal prete che pare dovesse andare a San Vito da un'anziana conoscente. Che però quel giorno non era in casa. Zouhair era il padre del neonato. Qualcuno aveva detto avesse preso molto male il battesimo (nell'occasione era rimasto in fondo alla chiesa) e volesse vendicarsi. Era stato indagato e poi prosciolto: nessuna prova. Lui stesso subito dopo aveva indicato agli inquirenti un'altra strada, sostenendo che don Pittau fosse stato ucciso per aver scoperto quei comportamenti immorali tra le sacre mura. Altra ipotesi rivelatasi inconsistente.

La nuova inchiesta

Ora la lettera e la telefonata. Il pm Alessandro Pili ha aperto un fascicolo contro ignoti, ma per andare avanti dovrà sentire Korachi. Panazzotti, rintracciata, non è più in grado di parlare della vicenda.

Andrea Manunza

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