«Cos'è la poesia?», cantava Marisa Sannia. Campi ben sestati. Crepacci. Gole. Il mare intorno al Gennargentu. Il buon tempo speso nella contemplazione infonde agi e buoni presagi. Distanze colmate dalla consapevolezza d'essere pronti alle sfide della Brexit.

Posso farmi pregevoli esempi per aggiungere attributi inimitabili alla nostra fierezza. Il sardo è un buon testardo che s'impone per coerenza alla natura intima dell'universo. Incline allo Spirito e ai riti pagani. Sacro e profano infusi. Il paesaggio umano consacrato a una religione cui antichi sciamani hanno eretto templi tuttora misteriosi. L'assetto primordiale dei nuraghi, l'assonanza del retaggio coi giganti, crea una melodia granitica pari alle sculture del compianto Sciola. La vita agreste ci fa scuola. I ritmi compassati. I ricordi mai derubricati. Armeggiamo la memoria dal bagnasciuga del presente con i piedi immersi nel mare magno della realtà globalizzata.

Eppure siamo solo alla prima rata col progresso. Sfruttiamo la modernità aspirando alla quiete di una stabilità utopica. La retorica keynesiana ha indotto i ribelli dei piccoli paesini a idealizzare un riparo dalla crisi. Liberi da vincoli contrattuali con l'Europa e inclini alla vita minimale. Essenziale. L'orto, la bottega, i rioni. E se non bastassimo a noi stessi? Il desiderio di trovare un assetto strategico crea il timore della dispersione. E se fondassimo una nazione con i crismi dello Stato indipendente? Il bilancio politico non quadra. Manca una guida cui affidare le sorti.

Il portento che ci ingloba recandoci attributi inimitabili, altrove è argomento di fine diplomazia politica. Davvero possediamo l'elisir di giovinezza? Penso alla chitarra di De Rosas. Bellas Mariposas di Atzeni. I quadri di Corriga.

I temi della nostra cultura hanno una struttura organica impossibile da prolungare altrove. Vorremo evadere. Tentenniamo. Ci teniamo saldi ai compromessi. Siamo più testardi dell'irriducibile pulsione alla navigazione sconfinata. Conosci te stesso. L'oracolo de s'Ardia. Già sogno la nuvola di polvere a san Costantino. Il coraggio levantino dei cavalieri lanciati a sa pandela. La sequela di sensazioni ravvivate dall'atmosfera appena consumata, sospinge i pensieri in queste giornate di fresca estate londinese. Potendo scegliere le imprese da mandare ai posteri, racconteremmo i rientri. I patimenti culminati col ritorno a casa dei figliol prodighi. Le partenze ci creano palpitazioni. La tentazione di tornare al centro indissolubile è il grande desiderio inconfessato. Quattro sfingi sui nuraghi. Senza benda. Siamo legati a doppio nodo col potere salvifico del nucleo.

Il cuore è il nostro muscolo elettivo. Apre le porte all'intuizione profonda che innesca il genio di cui siamo naturalmente intrisi. Fatevi il numero dei personaggi illustri offerti dall'isola al mondo. Non basterebbero due mani per contarli. Essi richiamano stuoli di adoratori da ciascun continente. È affascinante la maniera in cui gli inglesi mi parlano di Alghero o l'entroterra impervio. Si dipinge negli occhi un senso mistico di ammirazione. L'approvazione verso i racconti della tradizione avrebbe solo bisogno di un transito più solido. Altrove ci sognano. Vorrebbero nutrirsi della nostra cultura autentica. Il patrimonio onirico isolano manca della prova empirica che renda forti sul mercato. Collegamenti sicuri. Servizi efficienti. La propensione a rinforzare i contatti con nuovi flussi di visitatori. L'istituzione di filiere legate al mondo del turismo. Fiere internazionali, congressi, relazioni diplomatiche. Vendiamoci i pastori. All'offerente più intraprendente che corrisponda un valore finalmente degno. Magari straniero. Che crei un impero ramificato su scala globale. Creiamo una storia ma diamo ai visitatori la concretezza.

A un giudice di Cambridge ho raccontato la selvaggia bellezza della Costa Verde. Ho illustrato nientemeno che il centro dell'universo e il sito megalitico di Biru e' Concas. La parola Atlantide suscita un consenso neppure immaginabile. Quassù le università tengono corsi dedicati all'argomento. Il diritto a una vita felice deve essere la narrazione che preceda il cammino, ovunque ci rechiamo. L'isola vive. Ecco la parola d'ordine. Solo chi accetta il destino intuisce la portata del rinnovo. Se cerco mi trovo. Anche se giacessi sotto cumuli di talenti inespressi. I nostri dissensi nascono da cause perse. Cominciamo con una vittoria. Poi la storia, si farà.

Andrea Mereu

(Operatore culturale a Londra)
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