Ci sono tanti modi per essere rapiti dalla bellezza dello sport e in questi giorni la televisione ne ha portato molti nelle nostre case. La vittoria aiuta a far innamorare, lo sapevamo già. Ma se bacia chi era ignorato dai pronostici, lo fa amare ancor di più, in modo profondo. Senza sensi di colpa. Non c'è nulla di male nel gioire per un ragazzo nato in un pueblo ecuadoriano che trionfa al Giro d'Italia, per una ragazza aborigena australiana che aveva deciso di smettere e si ritrova regina del Roland Garros. Non è il solito modo di accorrere in soccorso del vincitore.

Ci siamo ritrovati ieri a balzare sulla sedia per una ragazza con un nome da pulzella della chanson de gest - Bonansea - della quale ammettiamo di aver ignorato l'esistenza. Ora siamo pronti a vivere l'emozione che potrebbe dare la vittoria di una squadra - la Dinamo - che ha seriamente rischiato di restare fuori dalle prime otto della Serie A. Poi un giorno ha scoperto che bastava crederci e ha cominciato a vincere. Non ha più smesso. Sarebbe un peccato se lo facesse adesso, perché non soltanto la Sardegna, ma l'intera Italia del basket è in piedi e vuole continuare ad applaudire un gruppo di ragazzi che conosce il segreto per emozionare: metterci il cuore.

Questo è quello che succede. Sarà per come brillano gli occhi dell'ex bad boy in panchina, coach Pozzecco, sarà perché ogni tanto spunta una "Formica atomica" come lui a sparigliare il mazzo. Alla gente piacciono i giganti, ma anche chi, come Spissu o come Barella, diventato uomo-squadra nella Nazionale di calcio, sa arrivare in punta di piedi da una periferia e prendersi la scena. Da vincitore.

Carlo Alberto Melis
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