Nessun sardo militerà tra gli eletti al Parlamento europeo: questo il triste, e a onor del vero preannunciato, verdetto. Eppure c’è chi non si è arreso e rivendica il peso del voto ottenuto.

Nei giorni scorsi, al proposito, ha tenuto banco sui quotidiani locali la notizia dell’appello rivolto a Zingaretti dal candidato sardo Pd Andrea Soddu, sindaco del capoluogo barbaricino, affinché intervenga in prima persona per dissuadere il competitor siciliano Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, dall’accettare il seggio nella circoscrizione isole. Bartolo, infatti, candidato in ben due circoscrizioni, isole e centro, e uscito vittorioso in entrambe, ha deciso, come era fin troppo ovvio che fosse, di accettare il seggio della propria circoscrizione natia, tagliando fuori, di fatto, il sindaco nuorese dalla possibilità di militare in Europa per la sua Sardegna.

Pietro Bartolo (Archivio L'Unione Sarda)
Pietro Bartolo (Archivio L'Unione Sarda)
Pietro Bartolo (Archivio L'Unione Sarda)

La richiesta di Soddu è stata pure sostenuta dallo stesso segretario sardo del Partito Democratico Emanuele Cani, il quale ha candidamente, quanto ingenuamente, lanciato il suo appello accorato direttamente al neo eurodeputato siciliano, affinché "anche alla luce della migliaia di voti ricevuti in Sardegna, possa ripensare alla sua decisione".

Ebbene, con buona pace di Cani, ammesso e non concesso che un candidato plurivincitore debba e possa incentrare la propria scelta per l’uno o l’altro seggio sulla base della sola riconoscenza per le preferenze ricevute, dovendo piuttosto rispettare, per dovere morale e correttezza, la propria collocazione naturale militando con fierezza per la propria isola, e tralasciando ogni considerazione (perché il voto è libero e va rispettato a prescindere) sul fatto che in occasione di elezioni così singolari un sardo, in dispregio di qualsivoglia principio di solidarietà e amore per la propria terra, abbia potuto esprimere la sua preferenza per un candidato dell’isola avversaria (avrei capito se si fosse trattato del leader massimo del PD) penalizzando i propri conterranei, non si può fare a meno di osservare che, come al solito, riusciamo a lamentarci dello squilibrio numerico cui siamo soggetti in occasione delle competizioni elettorali per il Parlamento europeo solo dopo che i giochi sono fatti dimostrando non solo di non aver tratto alcuna lezione dalle esperienze precedenti, ma anzi cercando di colmare la nostra inerzia riducendoci a elemosinare un posto che dovrebbe invece spettarci di diritto.

Una decisione dobbiamo prenderla: vogliamo continuare a lamentarci, a elemosinare un posto al Parlamento europeo senza impegnarci a fondo per far valere il nostro diritto a partecipare a una competizione elettorale in condizioni di parità con le regioni a densità demografica più elevata della nostra, oppure vogliamo rimboccarci le maniche e pretendere una modifica immediata della legge 24 gennaio 1979, n. 18, più volte tentata, ma mai portata a compimento?

Io direi che è proprio giunto il momento di cambiare atteggiamento, di risollevare la testa, perché se la gran parte delle persone è convinta che le elezioni europee servano solo a dare una poltrona assai ghiotta al candidato di turno e/o siano marginali e contino poco o niente rispetto alle elezioni politiche, allora debbono sapere che è proprio e solo in Europa che si gestisce il potere da cui dipende, di conseguenza, l’andamento della politica interna e delle relative scelte di governo. Ne abbiamo esempi recentissimi proprio in quest’ultima esperienza di Governo. Una modifica della legge ridetta è dunque non solo necessaria ma oltremodo doverosa se davvero vogliamo contare qualcosa in Europa e aprire un dialogo diretto e consapevolmente motivato con le istituzioni europee oltre che partecipare, o almeno provare a farlo, al processo di cambiamento dei meccanismi decisionali su cui si regge l’Unione.

Intanto, perché con l’attuale sistema elettorale si mortificano grandemente le diverse realtà territoriali giacché si assiste puntualmente a un fenomeno di trasmigrazione dei seggi disponibili dalle circoscrizioni minori, ossia meno popolate, verso quelle maggiori avvantaggiando di fatto i loro relativi candidati.

Quindi, perché l’espressione del voto di preferenza su circoscrizioni di fatto amplissime (l’Italia ne ha cinque) influisce chiaramente sui costi della campagna elettorale, di norma elevatissimi, così penalizzando di fatto gli aspiranti europarlamentari meno abbienti e ostacolando la selezione di una classe politica davvero idonea a gestire le peculiarità e la complessità delle politiche europee.

Infine, perché l’esigenza primaria di non vanificare il voto impone una modifica della attuale legge elettorale nel senso di favorire una connessione diretta tra i singoli territori nazionali (tra cui pure la nostra Sardegna), i loro eletti e le istituzioni europee capace di superare la frammentazione della rappresentanza da più parti lamentata ma che a tutt’oggi persiste e che rende assai debole la nostra partecipazione politica in Europa.

Rilevo inoltre, e mio malgrado, che fino ad oggi e solo in Italia la competizione elettorale per il Parlamento europeo continua ad avere un sapore tutto nazionale collocandosi quasi in una dimensione statistica finalizzata a valutare la performance, e quindi l’indice di gradimento, del Governo in carica in vista delle successive elezioni. Esempio ne sia il fatto che tutti osannano Salvini per il risultato stellare conseguito ma nessuno dice come potrà farlo valere in Europa (trovandosi nel gruppo di forte minoranza) limitandosi piuttosto a pesare quel voto sul piano nazionale e sulla tenuta della maggioranza di governo. Circostanza quest’ultima, che ha risvolti tragici siccome rende ragione del fatto che gli italiani tutti, e non solo i sardi, non sono mentalmente proiettati a concepire il Paese in una dimensione organizzativa e amministrativa più ampia, quale quella europea che pure incide quotidianamente sulla nostra vita.

Andrea Soddu (Archivio L'Unione Sarda)
Andrea Soddu (Archivio L'Unione Sarda)
Andrea Soddu (Archivio L'Unione Sarda)

Tanto detto, e concludendo, la battaglia per la modifica di questo stato di fatto deve partire soprattutto da noi sardi siccome tra tutte le regioni italiane la Sardegna è sicuramente la più penalizzata e di fatto la più impedita nell’imporre sullo scenario europeo le proprie eccellenze politiche, quale appunto il giovane sindaco nuorese, che ha retto con temperamento alla prova del voto dando una dimostrazione di forza non trascurabile purtroppo ingiustamente vanificata da una legge elettorale iniqua.

Sardegna svegliati, perché chi di speranza vive disperato muore.

Giuseppina di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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