Crisi permanente, istruzioni per l'uso.

Ci deve essere davvero qualcosa di folle, nella politica italiana, se - per fare un esempio di ieri - le opposizioni insorgono per protestare contro l'approvazione di una mozione che chiede l'introduzione dei cosiddetti "minibot", e poi, un minuto dopo si accorge che proprio quella mozione l'ha appena votata in uno dei rari provvedimenti licenziati dalle Camere all'unanimità.

I minibot sono una vecchia idea del leghista Claudio Borghi: pagare i debiti della pubblica amministrazione con titoli di Stato di piccolo taglio (come se fossero gli assegnini degli anni Settanta, o i buoni pasto con cui si paga nei supermercati), per immettere liquidità, distribuire risorse, onorare l'impegno di chi ha un credito con lo Stato.

Un provvedimento che l'Europa guarda con sospetto, perché lo considera un aggiramento dei vincoli sul bilancio, e che Luigi Marattin, ex consigliere economico di Matteo Renzi, oggi deputato, considera "il primo passo verso l'uscita dall'euro".

Ebbene, i cronisti parlamentari che increduli non riuscivano a capire come mai proprio il Pd, con queste opinioni, avesse potuto votare una mozione che chiede di attuare subito il provvedimento, ieri si sono ritrovati ad ascoltare questa singolare motivazione. Il voto del Pd favorevole alla mozione Baldelli (che fra l'altro è un deputato di Forza Italia): "È stato un errore". Fantastico.

Deve essere davvero folle, la politica italiana, se una delicatissima lettera del ministro Tria all'Europa viene divulgata alla stampa prima che la versione definitiva sia approvata.

Tutto, questo, è evidente, avviene per bruciare l'ipotesi di tagli che la prima bozza conteneva (mentre l'ultima stesura non li contempla più).

Mentre questo giochino si consuma nei corridoi, ovviamente, lo spread sale. Per la divulgazione si sospetta la "manina" del M5s (che era contrario a quei tagli sulla spesa sociale, a partire dal Reddito), e il premier Giuseppe Conte giustamente si imbufalisce.

Nel governo, per ovvi motivi, nessuno si fida più di nessuno, si logora persino il legame di lealtà tra il presidente del Consiglio e il partito che lo esprime (quello con l'altro alleato era già pessimo). Matteo Salvini racconta: "Non sono ancora riuscito ad incontrare Luigi Di Maio".

E Di Maio non vede Salvini perché il Movimento 5 Stelle non ha ancora metabolizzato la sconfitta e deciso il suo "che fare?" dopo la batosta delle Europee.

L'ala più radical aveva la tentazione di staccare la spina al governo ma forse non aveva la forza per imporre una decisione così drastica al movimento. Così si augurava che la maggioranza saltasse sul caso Rixi, esattamente come era entrata in fibrillazione sul caso Siri, convinta che un conflitto avrebbe trascinato tutto il governo verso la crisi. Calcolo giusto. Ma a questo punto è stato il leader della Lega a spiazzare tutti con una mossa sacrificale astuta: ha liquidato lui stesso il suo fidato sottosegretario, in cinque minuti, disinnescando la mina prima che qualcun altro la potesse far saltare.

Conte sente che in questo clima il suo governo non può andare avanti e dopodomani vuole dettare le sue condizioni agli alleati, lo spread danza impazzito, il vitale decreto sblocca-cantieri è ibernato da prima del voto, ma la Lega ci ha messo dentro un articolo che disinnesca il codice degli appalti per due anni, e su questo il M5s è pronto a dare battaglia.

Nel frattempo, proprio per scongiurare il rischio della nostalgia del passato, un'inchiesta rivela che due sottosegretari del precedente governo sono indagati con l'accusa di vedersi per concordare le nomine nei ruoli vitali della magistratura. Incredibile.

Raccontata così la politica italiana di queste ore sembra un valzer impazzito, un congresso permanente di matti. Anche se poi ognuno dei protagonisti segue una sua logica di utilità, apparentemente razionale, prevalentemente ispirata al principio di autoconservazione.

La mossa di Salvini su Rixi, tuttavia, ci dice che il pallino in questo momento lo ha in mano il leader della Lega. E lo tiene stretto, se non altro, perché non ha mai smesso - in questi mesi - di tenere il punto su una sua idea di fondo: per la Lega è meglio governare con il M5s, possibilmente continuando a svuotarlo gradualmente (come ha fatto in questo lungo anno) che mettersi nel percorso ignoto di una crisi istituzionale, o - cosa che il ministro dell'Interno considera una iattura - essere costretto a contrattare una nuova alleanza elettorale con Silvio Berlusconi (una prospettiva che lo entusiasma come l'invito ad un funerale in un giorno di pioggia).

Dentro Forza Italia Giovanni Toti vuole fare un nuovo partito (perché gli azzurri hanno perso), dentro il Pd lo vuole fare Carlo Calenda (perché ha vinto).

Così Salvini governa il gioco, tiene aperti tre forni: uno gialloverde con il M5s (ci governa), uno azzurro con Forza Italia e Fdi (ci sta scalando le regioni) e uno verde nero con la Meloni (i numeri dicono che può vincerci le politiche). Finché riesce a sfornare il pane, in questo caos, chiamalo scemo.

Luca Telese

(Giornalista e autore televisivo)
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