Fine dello show. Diciannove volte all'Arena, fra tanti sorrisi e poche lacrime. Freddo e pioggia, non proprio il clima ideale per pensare alle vacanze, quello di ieri, ma la Serie A detta i tempi, il pallone lascia spazio al mercato, ai sogni e alle conferme. Chissà quanti, fra un mese e mezzo, saranno lì, davanti al fischietto di Maran, nel primo giorno di ritiro. Chissà per quanti è stata l'ultima volta, abbiamo provato a capire che destino attende Barella, o i senatori che non mollano mai, come Padoin e Srna. I prossimi saranno i loro giorni, quelli del dentro-fuori.

È stata una stagione con luci accecanti - la vittoria con l'Inter, o quella a Bergamo - e ombre pesanti, con alcuni blackout inspiegabili e le scuse pubbliche di un imbarazzato Maran, soprattutto lontano dall'Arena. L'anno del pubblico, sempre molto presente, con alcuni passaggi decisamente polemici nel rapporto - indecifrabile e misterioso - fra la curva Nord e la società, spesso presa di mira con nomi, cognomi e incarichi. Il campionato delle spese record, compreso quel mercato di riparazione che pochi hanno capito. Lo straordinario campionato di Barella, pronto per una platea internazionale da padrone, e di Cragno, uno dei migliori portieri italiani. L'anno d'oro di Pavoletti, uno che sembra nato con questi colori addosso. La faccia da cinema di Pisacane, gli addii silenziosi di Sau e Farias. L'Atalanta insegna: con il 14° monte ingaggi, è finita in Champions. La parola a Giulini, adesso: da oggi si lavora per il Cagliari del centenario. Fra tre mesi si ricomincia.

Enrico Pilia
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