Il governo della Regione ancora non c'è, ma non è questo il vero punto che deve preoccupare gli uomini e le donne di buona volontà dell'isola. La domanda sul taccuino del vostro cronista è un'altra: c'è un'idea di Sardegna? Questo è il punto di partenza di qualsiasi governo, non contano il colore politico, la destra, la sinistra, il centro, il sopra, il sotto. Quello che pesa, che fa la differenza tra l'oggi e il domani è l'idea di Sardegna e le decisioni da prendere per realizzarla.

Il primo dato dal quale partire è geografico e nello stesso tempo metafisico: la Sardegna è uno spazio aperto, al centro del Mar Mediterraneo; la Sardegna è una condizione dello spirito, è un punto di sbarco e partenza sulle rotte del Mare Nostrum. La dimensione dunque non è quella di un monolite statico, ma di un moto permanente. In questo dinamismo c'è una delle condizioni essenziali per scrivere la nostra idea: l'andare, il venire, il restare. Tutti i sardi sono viaggiatori - non turisti - perché sono immersi in una dimensione di continua "esplorazione" della propria singolarità. Non c'è bisogno di spostarsi, il nostro viaggio comincia fin dalla nascita, con la scoperta della diversità dell'isola.

La Sardegna in Italia ha un punto di vista unico. Anche la Sicilia è una grande isola, ma dallo Stretto di Messina ai siciliani si apre una visione che la Sardegna non ha: "vedono" un'altra terra, la penisola italiana. Questa differenza geografica, questa dilatazione dell'orizzonte dei sardi, sono stati per decenni un limite (un finito che è il paradosso dell'infinito) e un'occasione di ribellione creativa.

Il boom tecnologico e la crescita esponenziale dei trasporti hanno azzerato la distanza, mentre la ribellione creativa "dell'isolato" in cerca di collegamenti diretti, il link, ha trovato nello sviluppo della cultura digitale la sua più concreta realizzazione. I sardi viaggiano e comunicano. Sono dotati di un potente immaginario. Questa singolarità, un dono di nascita, non è un freno, ma un incentivo.

Ne discende che sul piano politico chi vuole fare il bene dell'isola deve rafforzare le attività nel settore dei trasporti, della logistica, dell'innovazione digitale, della comunicazione, della cultura. E dell'energia, in piena transizione.

Sono i settori chiave sui quali investire. Sono il veicolo sul quale far viaggiare tutto il resto, l'isola. Non è l'assessorato alla Sanità quello che ci condurrà verso il domani. Quello che ha più soldi non è quello che ha più futuro. Distribuisce posti, appalti, commesse, ma non il domani.

Lo abbiamo già scritto: mai come oggi la Sardegna ha l'opportunità di crescere. Il sistema di relazioni ha un potenziale gigantesco: guardiamo il Nord Africa in piena evoluzione (e rivoluzione), la Francia è un approdo diplomatico naturale con la Corsica, la Spagna è "sorella", immanente, la sua presenza emerge fin nella nostra madre lingua, l'Italia ci guarda come un sogno di cui capta la bellezza senza carpirne fino in fondo il mistero, il Medio Oriente è una rotta che dal Libano arriva fino a noi, è storia, quella dei fenici che hanno lasciato i segni di una grande civiltà. Questa Sardegna è senza barriere, limiti, è aperta.

Avere un'idea di Sardegna significa prima di tutto spalancare il cancello delle relazioni internazionali, accendere la macchina di una diplomazia culturale, economica e finanziaria. La chiave è la produzione, la formazione, lo studio e la ricerca. E il marketing delle idee. Al posto del presidente della Regione promuoverei una conferenza dei rettori delle Università sarde - in un format operativo, a porte chiuse, nessun convegno che si guarda l'ombelico - e farei loro una domanda: quali progetti concreti avete da realizzare? Fatta la lista, subito dopo metterei al lavoro un comitato (sempre operativo) per scrivere un blue print immediato di governo.

È quello che fece Franklin Delano Roosevelt alla Casa Bianca negli anni del New Deal, il gruppo del brains trust che riscrisse la politica commerciale, agricola e industriale degli Stati Uniti negli anni della Grande Crisi, quello che con tutta evidenza sta mancando nel governo centrale, a Roma.

I soldi? Sono l'ultimo problema, in giro è pieno di denaro. Quasi vent'anni fa l'editore di questo giornale mentre lavoravamo alla rivoluzione di questo gruppo editoriale mi disse: «Sechi, i soldi si comprano». E così costruì un centro stampa tra i più belli e diede all'Unione una sede che non ha eguali in Italia.

L'idea. L'investimento. E l'amore per la propria terra. Lezione mai dimenticata, il mondo è pieno di investitori che cercano grandi sogni da realizzare, pubblici e privati. Bisogna subito rimboccarsi le maniche e spremersi le meningi: serve un'idea di Sardegna. Come scrisse Antoine de Saint-Exupéry nel Piccolo Principe: «L'essenziale è invisibile agli occhi». Apriamoli.

Mario Sechi

(Direttore di "List")
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