In principio era un campo. "Che faceva invidia anche ai paesi vicini". Adesso invece il centro sportivo di Sa Forada, inserito nell'omonimo rione, è uno scempio sotto gli occhi di tutti. Soprattutto sotto quelli di Stefano Floris, 75 anni, storico custode dell'impianto dove per anni hanno gravitato centinaia di giovani promesse del calcio, oltre la squadra del Sant'Elena arrivata in Eccellenza.

Lo spazio, chiuso da quattro anni, è il fantasma di quello che era un tempo: le reti sono divelte, i pali che delimitavano il terreno di gioco sono crollati, le tribune sono distrutte, erbacce e topi la fanno da padrone. I ripetuti ingressi dei vandali hanno contribuito a fare il resto.

"Vedere tutto questo fa male al cuore, non avrebbero dovuto permettere che l'abbandono avesse la meglio". Floris, che i calciatori di oggi e di ieri ancora trattano come fosse un secondo padre, in questo centro sportivo ha trascorso parte della sua vita: "Mi aveva chiamato il Sant'Elena per fare il custode ma i miei compiti erano più ampi. Dovevo aprire e chiudere ma anche preparare tutto per le partite, tracciare le linee e sistemare le reti".

Perché con lui c'era la garanzia che tutto sarebbe andato liscio. "Eccome se mi ricordo i bei tempi. Era un campo bellissimo in terra battuta ma liscio come l'olio. C'era il bar, che gestivo con la mia famiglia, e gli spogliatoi rifatti a nuovo. Venivano centinaia di bambini per allenarsi e disputare le partite".

Piano piano le cose cominciano a cambiare. "Anziché fare manutenzione hanno chiuso e poi è stato distrutto tutto. Il Sant'Elena è costretto a giocare sempre in trasferta. Fino all'anno scorso ho continuato a seguirlo ma adesso non riesco più. È assurdo che una città come Quartu non abbia un impianto a norma".

I ricordi più belli sono istantanee che restano indelebili: "Il regalo dei i bambini per il 'custode più bravo che ci sia', le vittorie, le finali giovanili con il mister Liciano Porru, i trionfi con i Giovanissimi. E adesso cosa resta? Niente".
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