Per decenni la Sardegna è stata considerata immune dai terremoti, ma resta comunque circondata da aree fragili.

Questa è la conclusione degli studiosi e le scosse registrate nei giorni scorsi tra Ogliastra e sud dell'Isola non fanno altro che confermare i sospetti.

Sabato 30 marzo un terremoto di magnitudo 1.5 della scala Richter si è verificato nella zona al largo di Villasimius. Pochi giorni dopo un altro fenomeno a sud di Tertenia con magnitudo 1.7.

"Scosse leggere - chiarisce Antonio Funedda, professore associato di Geologia strutturale dell'Università di Cagliari - non percepibili dall'uomo. Per intenderci, un terremoto di 1.3 è l'equivalente di un'esplosione di tre chili di tritolo. Un terremoto di magnitudo 3.5 corrisponde alla deflagrazione di tre tonnellate di Tnt".

E quello che succede trova spiegazione nel ventre della terra: "Immaginiamo l'Isola come una zattera litosferica galleggiante spessa decine di chilometri che continua sotto il mare, quasi al centro del Tirreno, circondata da aree più sottili. Ciò che avviene lì sotto ha riflessi in Sardegna".

Un gruppo di scienziati, composto da esperti dell'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, delle università di Roma e Sassari e dell'Olanda stanno monitorando i sismi strumentali proprio per avere ulteriori elementi.

"Nel meridione isolano, proprio nella zona di Villasimius-Villaputzu, nel 1616 ci fu una scossa significativa che venne sentita distintamente dalla popolazione e anche a Cagliari - sottolinea Funedda -. Non c'erano i sismografi, allora, le informazioni ci sono arrivate grazie agli archivi storici. Ripeto, l'Isola non è una terra a sé. Sismi che si sviluppano in altre aree potrebbero sempre avere riflessi in Sardegna".
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