Due ore e mezza per ribadire la «falsità» delle accuse, tentare di minare la credibilità della vittima, depositare documenti utili a smentire la ricostruzione investigativa. Poi la richiesta di archiviazione «per l'infondatezza della notizia di reato».

L'avvocato Massimiliano Ravenna esce dall'aula alle 12,30 col difensore Massimo Ledda e, terminato un interrogatorio lungo due udienze, ora attende le decisioni della gip Cristina Ornano nell'indagine a suo carico per violenza sessuale e stalking su una collega.

"Parlerò" - Ma c'è una novità. La donna ieri ha dato la «disponibilità» a essere sentita.

Volontà fondamentale: il procuratore aggiunto Gilberto Ganassi e la sostituta Nicoletta Mari, pur sottolineando la presenza di «elementi» a carico di Ravenna, avevano chiesto l'archiviazione del fascicolo proprio perché la vittima non voleva formalizzare le accuse (pestaggi, insulti, abusi).

Era «terrorizzata» dopo le «minacce» rivolte anche ai familiari, ha detto 24 ore fa il suo avvocato Claudio Sforza. Che poi, vista la decisione della sua assistita, ha chiesto alla gip di disporre nuove indagini per «chiarire» chi sia «il colpevole».

Strada seguita dai pm (hanno chiesto la riconsegna degli atti), secondo i quali è necessario sentire la vittima e valutare la documentazione presentata dall'avvocato Ledda per confermare o smentire la ricostruzione investigativa. I carabinieri nel 2018, dopo 3 anni di lavoro senza sbocco (la vittima aveva dato indicazioni sbagliate su tempi, luoghi e circostanze), in seguito alle intercettazioni avevano ritenuto di verificare la posizione del penalista cagliaritano.

Erano emerse intemperanze verbali e aggressioni fisiche, tra cui lo schiaffo - visto da un pubblico ufficiale - dato da Ravenna alla donna («una reazione a un ceffone datomi da lei in precedenza», la versione del penalista).

Alla fine la donna (pur informalmente) aveva ammesso che l'uomo di cui parlava era lui; sperava che con l'esposto quei comportamenti terminassero; aveva dato indicazioni false perché spaventata, per evitare uno scandalo e salvaguardare la famiglia. Così non si era opposta alla richiesta di archiviazione, che però la gip non ha accolto.

La difesa di Ravenna - Ravenna ha replicato parlando di «incongruenze» e «contraddizioni»: una «calunnia».

Per l'avvocato Ledda è «provato» che il suo assistito, «negli unici due casi» in cui la vittima ha presentato i certificati medici per le violenze, «era professionalmente impegnato altrove»; la donna, nelle conversazioni con l'indagato sulla vicenda (la cui trascrizione è stata depositata ieri), «si riferisce con chiarezza a un'altra persona»; la stessa parte lesa, «priva di credibilità», aveva «descritto nel dettaglio qualcuno, intercettato e interrogato, che a suo dire poteva sembrare l'aggressore»; poi aveva «chiesto al pm di non proseguire nelle indagini» e «continuato a seguire i corsi di Ravenna».

E il presunto pestaggio del giugno 2018, l'ultimo denunciato? «Nessuno lo ha visto» e «il graffio sulla donna era stato riscontrato solo parecchi minuti dopo».

La vittima - Ma «le date imprecise» sulle violenze erano state fornite «proprio per evitare si arrivasse al responsabile e si subissero ripercussioni», aveva spiegato la vittima. Ieri il suo difensore ha rimarcato come nella richiesta di archiviazione «non siano stati messi in dubbio» gli abusi ma la possibilità di andare a processo senza che la vittima confermi le accuse. La sua assistita «non ha narrato per intero i fatti per paura».

Ora con la sua disponibilità a parlare cambia tutto. «Vogliamo solo si scopra e sia punito il responsabile, chiunque sia», ha detto l'avvocato Sforza, «la gip valuterà se servono altre indagini o no. Speriamo conceda un termine per rendere conto di fatti, date e orari certi. A garanzia di tutti».

Andrea Manunza

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