Tra le parole più cliccate dalla gente in questo tempo che precede il varo della nuova Giunta regionale guidata da Christian Solinas, ci sono certamente "sviluppo" e "lavoro".

Due termini-obiettivo, fortemente interattivi tra loro, che, nelle attese della nostra gente, racchiudono ed interpretano una condivisa e prioritaria esigenza per i programmi e le azioni del nuovo governo regionale. Perché solo da un auspicato riavvio dell'economia si otterrebbero un miglior benessere sociale e più posti di lavoro.

Ed è proprio per questo che da più parti si ritiene che venga effettuata una ricalibratura delle priorità, perché con oltre centomila nostri corregionali senza lavoro e con un'emigrazione di giovani talenti su cifre ormai a tre zeri, verrebbero ritenuti secondari gli altri problemi indicati.

Uno dei temi principali riguarda certamente le disuguaglianze attuali, che non sono solo territoriali - con il reddito medio pro capite che vede Cagliari e Sassari, ad esempio, superare di oltre tre volte Tertenia, Bidonì ed Osidda - ma riguardano anche i singoli percettori.

Ci sarebbe quindi necessità di avviare una decisa azione di sviluppo con un impatto armonico sul territorio, rispettoso quindi degli equilibri demografici, sociali ed economici esistenti. Occorrerebbe mettere in moto un'azione sinergica che si orienti, con decisione e costanza, su questi quattro punti cardinali: coltivazione-allevamento-industria-turismo, nel rispetto, ovviamente, delle tradizioni e delle vocazioni singole. Proprio perché lo sviluppo, per essere tale, dovrebbe premiare, con l'emancipazione civile e l'autopromozione economica, l'intera collettività isolana, in modo che l'incremento del Pil regionale premi egualmente, ad esempio, le carciofaie del Campidano, gli oliveti del Montiferru, le greggi della Barbagia, i prodotti della Saras, della Tre A o della Vitrociset e gli alberghi di Orosei o di Calasetta.

Occorre infatti prendere atto, per rileggere alcune delle vicende recenti, che esiste una forte differenza fra la diffusione ragionata degli interventi e la loro illogica dispersione nei territori, così come praticata troppo spesso qui nell'isola.

Si è quindi dell'avviso che bisognerebbe ritornare alle esperienze passate, a quel Centro regionale di programmazione (CRP) che fu di Colavitti, Carrus e Tuveri, e che, in quella sua originaria versione, si rilevò come uno dei primi riusciti esempi nazionali di "think tank" pubblico. In concreto, si tratta di un organismo autonomo, al di sopra dell'apparato amministrativo, che viene preposto, per conto dell'organismo di governo, ad elaborare analisi, elaborazioni ed attuazioni di strategie politico-economiche nel campo dello sviluppo sociale, territoriale, industriale e dell'innovazione produttiva.

Da troppi anni quel CRP è stato oggetto di una profonda ed infelice involuzione burocratica, divenendo più organo di controllo di procedure che regista e regolatore di indirizzi. Bisognerebbe reinventarlo, potenziandolo con l'innesto di risorse umane d'alto profilo e di accertata competenza. In modo che sviluppo e lavoro non continuino a rimanere i Godot delle troppo lunghe attese di noi sardi.

Paolo Fadda

(Storico e scrittore)
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