I comitati spontanei dei pastori esaminano in queste ore la bozza di accordo stilata nel corso dell'ultimo Tavolo del latte di sabato a Cagliari.

In Prefettura, i rappresentanti di Governo, Regione, industriali, banche e coop di trasformazione hanno fissato un prezzo al litro di 72 centesimi. Si tratta di un punto di partenza, è stato detto, poi quella cifra salirà.

Per gli allevatori, ai quali viene chiesta "la massima collaborazioni per integrazioni o modifiche al fine di ottenere il più ampio consenso possibile, è invece importante "attivare nel tempo tutte le procedure capaci di portare il prezzo del latte ovino a 1 euro più Iva al fine di coprire i costi di produzione".

"Non si accetta un prezzo di acconto inferiore ad euro 0.75 al litro per i mesi di febbraio, marzo e aprile 2019", ribadiscono.

Inoltre chiedono che venga definita "una griglia di retribuzione minima del latte in correlazione alla quotazione mercantile dei prodotti lattiero caseari in generale e di tutte le Dop in particolare, sulla base delle quotazioni della camera commercio di Milano o Cagliari, o del Clal" la distribuzione più "equa dei profitti all'interno della filiera dei prodotti lattiero caseari, facendo firmare al soggetto venditore (industriali della trasformazione) all'atto della vendita del formaggio, clausole nelle quali venga dichiarato che il livello di remunerazione della materia prima utilizzata è tale da coprire i costi di produzione".

Altri punti della bozza riguardano la "nomina di un prefetto con compiti di analisi, sorveglianza e monitoraggio delle attività di filiera e la riforma strutturale di tutto il sistema lattiero caseario sardo. Tale riforma dovrà essere effettuata con la collaborazione di figure professionali adeguate messe a disposizione dal Mipaf".

Chiara poi la necessità di riforma degli statuti delle coop di trasformazione e di "specificare in etichetta la provenienza e la percentuale delle diverse tipologie di latte utilizzato per la produzione dei formaggi misti".

Questi sono solo alcuni dei passaggi che i pastori ritengono indispensabili da affrontare per portare a risultati nell'ambito della vertenza.

Sulla vicenda sono arrivati i commenti e le osservazioni anche da parte di Stefano Maullu, europarlamentare di Fratelli d'Italia che ieri ha raggiunto la Sardegna per visitare alcune delle zone in cui si concentra la produzione di latte come la Marmilla, il Barigadu e il Sarcidano.

"Ho guardato negli occhi i pastori sardi, e ho visto soltanto delusione, rabbia e amarezza - dice - Per quel che riguarda il latte, la situazione è davvero esplosiva. Dal confronto con le aziende emerge con chiarezza che la parte più debole della filiera lattiero-casearia, ossia i pastori, deve essere difesa con forza, con iniziative mirate e immediate. Se il prezzo resterà così basso, queste persone non riusciranno a portare avanti la propria attività, e saranno costrette a chiudere i battenti".

Maullu propone quindi un modello diverso rispetto a quello attuale: "Bisognerebbe ispirarsi all'esempio del consorzio del parmigiano reggiano, il quale, utilizzando un genere di latte che costa la metà di quello ovino (il latte vaccino), riesce a creare un prodotto che viene venduto al doppio del prezzo. Bisognerà lavorare anche sul brand, sulla diversificazione delle produzioni e sulla filiera".

Il governo, insomma, deve intervenire "per difendere concretamente i pastori sardi, garantendo il prezzo equo per questo prodotto e la loro attività, che rappresenta uno straordinario patrimonio anche dal punto di vista sociale, culturale ed economico, non solo per l’Isola ma per l'intero Paese".

COLDIRETTI - I 72 centesimi dell'accordo iniziale non soddisfano nemmeno Coldiretti. La cifra dell'acconto "si trova sotto i costi variabili medi di produzione certificati dal recente studio Ismea elaborato per far luce sulla crisi del settore", spiega in una nota.

Indispensabile, aggiunge l'associazione, inserire "una clausola che garantisca di raggiungere l'obiettivo di un euro per il prezzo del latte pagato ai pastori da parte degli industriali che sono i diretti beneficiari delle consistenti misure di sostegno per 49 milioni di euro messe in campo da Governo e Regione".

I pastori, inoltre, devono essere presenti nell'amministrazione del Consorzio di tutela.

COPAGRI - "Non ci si vuole rendere conto - sono le parole di Franco Verrascina, presidente di Copagri - del fatto che in Sardegna si sta scherzando con il fuoco e che, in caso di fallimento delle trattative, non saranno solo i pastori a rimetterci, ma l'intera economia, industria compresa, dell'Isola, nella quale si contano circa 12mila aziende agropastorali, che allevano 2,6 milioni di pecore, corrispondenti a quasi la metà del patrimonio ovino italiano, per una produzione di oltre 3 milioni di quintali di latte''.

''A fronte di tali numeri, a nostro avviso la remunerazione destinata ai pastori non può essere inferiore a 1 euro al litro Iva esclusa e rigettiamo pertanto la parte della bozza di accordo in cui viene previsto il pagamento di 72 centesimi al litro Iva inclusa".

CIA-AGRICOLTORI - Ulteriore "no" ai 72 centesimi è quello di Cia-agricoltori Italiani: "Le richieste dei pastori - spiega in una nota - partivano dalla copertura del costo di produzione pari a 74 centesimi più Iva al litro per arrivare al prezzo di 1 euro più Iva, come promesso dal ministro Salvini. La proposta di un accordo a 72 centesimi, Iva compresa, è invece molto lontana da queste premesse".

(Unioneonline/s.s.)
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