Mungere parole. Non so fare altro. Ho un gregge di pensieri che mi pascola la testa. Dalla notte all'alba seguo i salti dell'ispirazione a caccia di alchimie che mi rendano un prodotto nobile. La scrittura è la paradura con la quale conduco la famiglia fra le nebbie inglesi sognando un giorno il grande rientro.

Nonostante mi abitui a sopportare la distanza, il lato inviolabile dell'indole mi obbliga a sapere cosa accade a casa durante le mie assenze prolungate. Batto e ribatto sui tasti incandescenti scrivendo ad amici e conoscenti. Mi struggo, mi arrabbio. Piango il latte versato nelle strade e conto sulle dita i centesimi del prezzo che non valgono una vita dura. Cale vida? Dodicimila aziende tenute sotto scacco dalla politica che ha reso la miopia tecnica la forma di governo privilegiata. Un motore infaticabile reso inservibile per interventi volti a combattere la pulsione naturale al benessere collettivo.

È saggio riconoscerlo. La pastorizia è la motrice dell'intera economia isolana. Un'industria trattata alla stregua di un manipolo di facinorosi. I nervi sono corrosi e il latte che scorre nelle vene prende il fiele della rivolta. E' una vita da cani bastonati. Costretti ai ricatti delle elemosine comunitarie che premiano i virtuosi troppo noti costretti loro malgrado a un'uscita d'emergenza. Se potessi rinascere, vorrei nascere pastore di parole. Vorrei riprendere le transumanze, le antiche usanze del viaggio a piedi verso i pascoli più fertili. Lo dico per farmi coraggio.

Vorrei starmene dall'alba nell'ovile dimenticando gli intrecci della vita che conducono lontano, dove la lingua batte piano su quel dente che fa sempre male. Lontano non so stare. Nemmeno muto. Una calamita nell'umore insegue la vita del pastore come la fantasia razzola nei libri. Non ho posseduto una corte da accudire, ma ho misurato le mie forze nel mezzo di una libreria che aumentava ogni anno qualche decina di bei capi. Ho vissuto nelle grandi capitali pagando il prezzo di una nostalgia infinita. Sapere che la realtà in cui credo abbia un valore a prescindere dal prezzo del mercato, mi conduce ai pascoli della fantasia per cavarmi la giornata di lavoro allo stesso modo in cui mi batterei se avessi un gregge in lana e latte.

Sessanta centesimi sono il prezzo di un fallimento conclamato. Nelle piazze, nelle strade, la gente, le famiglie, i bambini, l'anima che resiste alla tentazione dell'emigrazione, porta un obolo di riconoscenza a una categoria silenziosa che mostra l'esempio attraverso i fatti.

A Londra piove, è tornato il freddo. Vorrei essere altrove. In mezzo a una strada. Vorrei essere con la mia gente per offrire un contributo di solidarietà. Mi aspetto il meglio. Un accordo, un prezzo concordato, un ritorno agli ovili. Un'isola che riprenda la marcia e abbia, finalmente, il rispetto meritato.

Andrea Mereu

(Scrittore di Sorgono - Operatore culturale a Londra)
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