È dei giorni scorsi la notizia secondo cui la memoria difensiva inviata da Salvini alla Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato è stata ritenuta irricevibile.

Il ministro dell'Interno, in quanto indagato dal Tribunale dei Ministri di Catania per il reato di sequestro di persona aggravato in relazione alla vicenda della nave Diciotti, siccome avrebbe abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 177 migranti, tenuti alla deriva dal 17 al 25 agosto dello scorso anno, in nome della “difesa dei confini nazionali”, così commettendo plurime violazioni di norme internazionali e nazionali concernenti l’obbligo di salvare la vita in mare, era stato chiamato a rendere le sue osservazioni sulla vicenda.

La sua linea difensiva si è sempre fondata sul rilievo che avrebbero dovuto essere i maltesi ad avere la responsabilità e l’onere della prima accoglienza e, comunque, sulla circostanza di aver agito esclusivamente allo scopo di perseguire una finalità di pubblico interesse e non invece per una personale iniziativa politica, giacchè la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica sarebbe stata posta a rischio da un indiscriminato accesso di migranti nel territorio nazionale.

La Diciotti con i migranti (foto L'Unione Sarda)
La Diciotti con i migranti (foto L'Unione Sarda)
La Diciotti con i migranti (foto L'Unione Sarda)

Ebbene, a prescindere dalla discutibile linea difensiva testè brevemente riferita, che manifesta di per sé stessa, con buona pace del Ministro Vice Premier, la fallacia delle argomentazioni proposte siccome contenenti una vera e propria ammissione di colpevolezza (ignorantia legis non excusat e men che meno può scusare un Ministro), a destare maggiore interesse, dal nostro punto di vista, sono la portata e le conseguenze che la autorizzazione a procedere, richiesta dal Tribunale dei Ministri di Catania il 24 gennaio 2019, se concessa, avrebbe sia sotto il profilo politico sia sotto il profilo giuridico.

L’articolo 96 della Costituzione stabilisce che il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato o della Camera dei Deputati secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

Al proposito, e preliminarmente, è appena il caso di precisare che i discorsi di coloro che vorrebbero giustificare il diniego alla concessione dell’autorizzazione nascondendosi dietro motivazioni incentrate sul garantismo, altisonanti, quanto inopportune, stanno davvero a zero. E non è certo necessario scomodare Lapalisse per osservare che il garantismo, lungi dal poter essere invocato quale sinonimo di indiscussa immunità nei confronti di possibili azioni giudiziarie, concerne invece l’insieme dei principi di rilievo costituzionale diretti a garantire, appunto, la celebrazione del giusto processo penale nell’ambito del quale siano rispettate tutte le garanzie difensive dell’imputato, ed ove la decisione sia affidata ad un giudice terzo ed imparziale all’esito di un contraddittorio ove venga assicurata la c.d. parità delle armi tra accusa e difesa.

Altrettando inutili, per non voler dire ridicole, le argomentazioni di coloro che vorrebbero far passare l’iniziativa del leghista come un atto del Governo nel suo complesso completamente ignorando il principio per cui la responsabilità penale è personale.

È tuttavia innegabile che la posta in gioco sia alta perché dal voto degli amici a 5 Stelle, da sempre a favore della sottoposizione a processo dei Ministri indagati per un fatto di reato, potrebbe dipendere la tenuta del Governo, il quale oramai deve sopravvivere fino alle Europee al fine di non perdere consensi in vista di quell’appuntamento elettorale di maggio. Ed è altrettanto innegabile che gli esiti delle Regionali in Abruzzo, che hanno visto la Lega quale primo partito ed i 5 Stelle invece in caduta libera, potrebbero far apparire il compagno di Governo come avversario troppo scomodo a questo punto facilmente “eliminabile” attraverso l’espressione del voto favorevole alla autorizzazione a procedere. Ovviamente, questo, a voler ignorare, consapevolmente, i 5 Stelle si intende, la circostanza che il maggior consenso della Lega è dovuto, più che all’azione di governo del suo leader, alla perdita di fiducia degli elettori nei confronti degli stessi pentastellati, che da paladini dei diritti dei miseri si sono invece rivelati i più autentici seguaci di quella politica marcia che loro stessi dicevano di voler debellare. La verità è che oramai questo governo giallo verde fa acqua da tutte le parti, e l’esasperazione delle promesse elettorali, continuamente rilanciate all’attenzione dei cittadini, iniziano a nauseare gli elettori.

Sicchè

Matteo Salvini (Ansa)
Matteo Salvini (Ansa)
Matteo Salvini (Ansa)

Sicché, sotto il profilo politico, il Ministro dell’Interno, se davvero volesse dare una dimostrazione di forza e allontanare il sospetto di volersi sottrarre al processo perché consapevole di aver tenuto una condotta penalmente rilevante, bene farebbe a sottoporsi a giudizio rimettendo la valutazione del proprio operato alla magistratura.

Sotto il profilo giuridico, la situazione è più complessa perchè potenzialmente idonea a segnare definitivamente l’esperienza di governo e politica del leader leghista. L’ipotesi di reato per cui il Ministro risulta indagato è quella di sequestro di persona aggravato ai sensi dell’articolo 605, 2° comma, c.p. Infatti, tra i migranti della nave Diciotti, e la circostanza pare fosse ben nota, vi erano alcuni minorenni, 27 precisamente, la cui autorizzazione allo sbarco venne data solamente la sera del 22 agosto a seguito dell’intervento della procura dei minori di Catania.

In caso di condanna, quindi, Salvini potrebbe rischiare dai 6 mesi agli 8 anni di carcere per il reato di sequestro di persona, e la pena può giungere fino a 12 anni se il fatto è commesso in danno di minori come parrebbe nel caso di specie. Il punto nodale è che, di fatto, l’ipotesi di reato sembrerebbe effettivamente supportata da elementi idonei a sostenerla nell’eventuale giudizio. E certo colpisce l’ingenuità del Ministro dell’Interno quando manifesta il suo disappunto verso l’accusa mossa a suo carico semplicemente trincerandosi dietro al consenso ricevuto dagli elettori.

Il tribunale dei Ministri a Roma (Ansa)
Il tribunale dei Ministri a Roma (Ansa)
Il tribunale dei Ministri a Roma (Ansa)

Intanto, perché l’aver ricevuto un ampio consenso elettorale in ragione di una determinata linea politica non lo esime dal tenere una condotta incensurabile, né gli conferisce alcuna licenza a commettere reati violando le norme di diritto interno e di diritto internazionale, sicchè i due piani, quello politico e quello giuridico debbono restare, quali sono, ontologicamente distinti, né l’uno può o deve servire da paravento dell’altro.

Quindi, perché contrariamente a quanto ha manifestato di ritenere nella propria memoria difensiva, ed in ciò mostrando di ignorare i più elementari principi sanciti nelle convenzioni internazionali debitamente ratificate dall’Italia, la circostanza che Malta abbia rifiutato di soccorrere i migranti disponendo un porto per il loro approdo, non esime un altro Stato dall’obbligo di provvedere in tal senso.

Infine, perché non esiste, né potrebbe all’evidenza esistere stanti le norme vigenti, alcun atto e/o decreto del Governo che abbia disposto formalmente la chiusura dei porti nazionali ai migranti tale da giustificare una determinata condotta politica in nome dell’interesse nazionale.

Sembra allora che siamo arrivati al dunque per Salvini, perché la politica non può essere fondata su proclami, neppure se gridati a gran voce, ma deve fondarsi su atti concreti assunti nel rispetto delle norme vigenti. E un politico vero, con la responsabilità del Ministero più importante, non dovrebbe volersi difendere dal processo: dovrebbe farlo nel processo.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)
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