Vuole mettere mano alla burocrazia regionale «bloccata da una legge di oltre quarant'anni fa», scommettendo sul decentramento verso i Comuni.

Ma Massimo Zedda è pronto soprattutto a riscrivere la storia della sanità sarda. Il candidato presidente della coalizione di centrosinistra prende le distanze dall'azione della Giunta uscente: «La Asl unica lascerà il posto ad aziende sul territorio, con le case della salute pronte a erogare migliori servizi» in ogni angolo della Sardegna.

Si può proiettare il sistema di governo dei Comuni sulla Regione?

«Si può, ma c'è la necessità che la macchina regionale venga ripensata. Tutto ruota attorno a una legge del 1977, legata a un mondo che non c'è più. Nel governo regionale si deve attivare lo stesso meccanismo che ha riformato i Comuni. Il sindaco nella città può decidere gli assessorati, riorganizzarli, scorporarli, aggregarli, in funzione delle esigenze operative».

Vuole decentrare i servizi?

«Delegare consente alla Regione di occuparsi di programmazione. Serve un decentramento a favore dei Comuni, con la valorizzazione delle Province, come enti di secondo livello, il tramite tra le esigenze del territorio e l'apparato regionale».

La Sardegna fa i conti col dramma spopolamento.

«Una strada è il telelavoro. A Cagliari l'abbiamo attivato. Prima, molti dipendenti erano costretti a prendere casa in città per lavorare al Comune. Ora una persona di Carloforte può lavorare da casa sua, viene meno lo spopolamento per quel territorio, si produce di più e sono abbattuti i costi per il Comune di via Roma. Immaginiamo questo progetto a livello regionale: si crea sviluppo per le amministrazioni dell'interno, la macchina Regione risparmierebbe».

Quanto ha inciso la sua esperienza a Cagliari sulla decisione di candidarsi?

«I dati su Cagliari città ci dicono che il capoluogo ha difficoltà di crescita ulteriore per i problemi economici dati dal resto del territorio. Non si riuscirà a sopravvivere da nessuna parte in Sardegna se non ci sarà uno sviluppo armonico e omogeneo per tutti i sardi».

Nel centrosinistra ancora alle prese con lo choc delle politiche lei non si affida alle visite dai big nazionali. «I cittadini sono consapevoli del perché si andrà a votare: si sceglierà chi farà il presidente della Regione. La presenza di leader nazionali per il centrodestra e per il Movimento 5 Stelle non è bastata: alle suppletive ha vinto Andrea Frailis, anche se la percentuale di elettori e l'astensionismo deve essere una preoccupazione per tutti. Non ci sono Berlusconi, Di Maio, Toninelli o Salvini candidati».

Tra i nodi di questa campagna c'è la sanità. Si candida anche l'assessore Arru.

«Arru non farà l'assessore regionale alla Sanità. Io ho un'opinione che non è sulla persona, ma su come si è operato. Non condivido le scelte fatte, serviva una legge sulla salute e sul benessere dei cittadini, guardando ai 5 anni e ai 10 anni di distanza. È l'elemento che incide sulla spesa sanitaria e crea condizioni di vita sana sul territorio».

Come si incide sul benessere?

«Con la prevenzione: non possiamo guardare solo ai malati che ci sono oggi, che pure vivono una condizione sfortunata. Dobbiamo intervenire perché si ammalino meno persone: immagino in Regione un sistema come quello che abbiamo adottato al Comune, con analisi sui dipendenti una volta all'anno. Con incentivi ai privati per imboccare la stessa strada. Poi interverremmo con istruzione, sport e alimentazione, realizzando mense in tutte le scuole».

Nel suo programma parla di case della salute.

«Centri distribuiti sui territori, in tutta la Sardegna: l'assistenza deve concretizzarsi nei luoghi dove vivono i cittadini, possibilmente con medici e infermieri di quel territorio, di quel Comune. Significa intaccare lo spopolamento, determinare occupazione e accudire le persone anziane. I cittadini devono andare nei presìdi ospedalieri solo in casi eccezionali, per interventi chirurgici o situazioni gravi».

Bisogna fare i conti con i costi di un sistema che divora quasi metà del bilancio regionale.

«Il 15% della spesa sanitaria è ospedaliera. Il resto è spesa non ospedaliera: ci si è intestarditi a contrarre la spesa su quel 15%, mentre l'economia e la matematica suggerirebbero di intervenire sull'85%. Tutto può essere rimodulato per erogare migliori servizi e dare una percezione di sicurezza su salute e sanità a tutti i territori della Sardegna».

Con un'azienda unica?

«Non con un'azienda unica ma con più aziende sul territorio».

Lo slogan "Tutta un'altra storia" è una presa di distanza dall'attuale Giunta di centrosinistra?

«Penso sia normale che la mia candidatura debba segnare una discontinuità. Non si possono convincere gli elettori dicendo "replicherò tutto quello che è stato fatto". Noi abbiamo chiesto per tanti anni di risolvere i problemi della Sardegna e i problemi politici ai tecnici. Invece penso sia la politica a dover guardare ai bisogni dei cittadini, con una visione di insieme dei problemi connessi tra loro».

Quindi un governo più politico e meno tecnico?

«Lo spopolamento non è slegato dalle reti e dagli investimenti sulla viabilità e sui treni. Il turismo non è slegato dal sistema di continuità aerea e marittima. La politica serve per mettere insieme i puzzle delle problematiche, avendo un'idea di come affrontarle e risolverle in tutti i settori».

Ci sono punti di contatto tra voi e i poli autonomisti e indipendentisti?

«Penso proprio di sì. Si deve ragionare col governo nazionale alla pari. Dobbiamo pretendere dal Governo lo stesso trattamento di altre realtà d'Italia, in termini di risorse e di aiuto nel dialogo con l'Ue».

Tra le cose in ballo con Roma c'è la vertenza entrate.

«Ci diano i soldi che devono restituirci. C'è una parte di vertenza entrate che ancora non è arrivata alla Sardegna, ci sono gli accantonamenti sui quali per fortuna la Regione ha mantenuto gli impegni, affrontando la questione davanti alla Corte costituzionale. E lo Stato ci deve dare 280 milioni. Poi ci sono i 450 milioni che i sardi pagano in più col maggiore costo energetico».

La legge urbanistica si è arenata in Consiglio. È così difficile superare gli interessi e i conflitti di parte?

«Penso che in Sardegna si sia sempre messo il carro davanti ai buoi, tra conflitti, liti e riti della politica: il risultato è l'assenza di una legge urbanistica, indispensabile per lo sviluppo. Un esempio: gli albergatori sono costretti ad avere spazi di parcheggio come negli anni Ottanta. Parametri che non esistono più: il mondo va verso la sostenibilità, la mobilità alternativa e noi costringiamo il sistema alberghiero a muoversi con schemi vecchi che limitano gli investimenti».

Come si può creare sviluppo col governo del territorio?

«Un grande piano di revisione degli immobili, sostenuto da incentivi pubblici, potrebbe generare sicurezza negli stabili, con certificazioni adeguate e interventi preventivi. Si avrebbero occasioni di lavoro per professionisti, tecnici e per tutto il settore dell'edilizia, particolarmente colpito dalla crisi».

Giulio Zasso

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