"La Sardegna ha scampato il pericolo di vedermi candidato alla presidenza della Regione. I vecchi politici hanno avuto il tempo di capire che non avrebbero fatto un buon affare, sono stati bravi e forse è meglio così". Angelo Binaghi per settimane è stato la carta coperta del centrodestra per le elezioni. Invece resterà presidente della Federazione italiana tennis, ruolo che occupa da tre lustri e mezzo: "Sì, diciott'anni sono tanti, forse troppi. Ma è stato un crescendo impressionante di successi insperabili, su tutti i fronti. Quando mi hanno chiesto di restare ho accettato".

Ingegnere cagliaritano, cinquantotto anni, sposato, ha un figlio e un passato da tennista di vaglia. Il tam tam politico-sportivo lo dà in avvicinamento rapido alla presidenza del Coni: "Nulla di vero". A quarant'anni tondi tondi è stato eletto presidente e non si è più mosso da quella poltrona: "Cinque giorni dopo è crollata la multinazionale che gestiva i diritti pubblicitari del torneo di Roma. La Fit era in crisi finanziaria, sportiva e di valori con un'illegalità diffusa nei settori nevralgici. I problemi sono stati la nostra fortuna, siamo stati resilienti".

Pentito di aver cacciato con ignominia il suo amico-sponsor Panatta?

"Mi pento solo di non essere andato subito alla Procura della Repubblica. Ho avuto rispetto del campione e ho sbagliato. Sarebbe finita molto prima dei dodici giudizi civili e penali, tutti vinti. Ma è stata la svolta del tennis italiano. Oggi, dopo la Figc, è la federazione che ha il bilancio più importante - 65 milioni contro i dieci al momento del mio arrivo - ed è la più solida economicamente".

Sarà il prossimo presidente del Coni?

"Non sono in corsa. Faccio parte della Giunta esecutiva. Resterò lì finché il presidente Malagò lo vorrà".

Dicono che vi scambierete i ruoli.

"Fantapolitica".

Amici e avversari le attribuiscono onestà di fondo, doti manageriali e alcuni difetti.

"Quali?"

1) Un caratteraccio con punte di aggressività importanti.

"Credo di avere una grande forza di volontà: se penso che una cosa sia giusta, la faccio, costi quel che costi. Ci vogliono argomenti importanti per farmi cambiare idea, altrimenti vado dritto. In campo perdevo poco tempo a palleggiare, non avevo il fisico, andavo dritto a rete: penso sia giusto farlo anche nella vita".

2) La convinzione di avere sempre ragione che le vale il paragone con Renato Soru.

"In verità spesso mi confondono fisicamente con Ugo Cappellacci: stessa età, stesso fisico, lui ora ha qualche capello in più. Chi mi conosce meglio però sostiene che ho il carattere simile a quello di Soru. Ne ho grande stima, lo considero un complimento".

Il tennis italiano è in crisi?

"Il 2018 è stato il più carico di successi per il settore maschile degli ultimi quarant'anni. E le prospettive sono ottime. Nel femminile abbiamo una grande giocatrice, la Giorgi, stiamo recuperando la Errani e cercando di colmare in fretta il buco generazionale che c'è dopo di loro".

Alla finale degli Us Open volò a New York nell'aereo con l'allora presidente del Consiglio Renzi, oggi dialoga col sottosegretario Giorgetti: senza la politica non si arriva da nessuna parte?

"Questa lunga esperienza e i successi cui ho avuto la fortuna di assistere mi hanno consentito di conoscere e dialogare con quattro capi di governo e tre presidenti della Repubblica".

Quanto conta la politica nello sport?

"In campo, niente. Fuori, dipende dal livello, più è alto maggiore è il peso della politica".

La riforma del Coni?

"Ottima. Il 90 per cento dei soldi saranno spostati su una società, Sport e salute, che gestirà i contributi alle federazioni. Al Coni rimarranno più o meno 40 milioni".

Era uno dei papabili del centrodestra per la presidenza della Regione.

"I mesi più divertenti della mia vita".

Perché?

"Ho visto che improvvisamente cambiava tutto, la gente mi guardava in maniera diversa, mi scrivevano e mi telefonavano in tanti, qualcuno si è autocandidato per la guida di un assessorato".

Le hanno preferito Solinas: dispiaciuto?

"Premesso che avrei accettato la candidatura se me l'avessero proposta, tutto sommato è una fortuna che non sia avvenuto. Quel carattere di cui alcuni parlano avrebbe anche potuto mettere a rischio la mia salute. Di sicuro i sardi si sarebbero divertiti..."

Chi non l'ha voluta?

"Qualche vecchio politico che, pur avendo un basso peso specifico e tante responsabilità sul passato, è riuscito a scongiurare il rischio".

Cosa manca alla Sardegna per lo sport?

"Tutto, da sempre. Innanzitutto un assessore regionale che ne capisca qualcosa e non usi il ruolo solo per fare bancarella politica con i contributi a pioggia. Lo sport deve essere considerato il volano dello sviluppo turistico".

Le prospettive?

"Nei programmi dei candidati alla Regione non percepisco il coraggio e la svolta di cui avremmo bisogno, ho la sensazione che tra cinque o dieci anni saremo allo stesso punto di oggi".

Cos'è il potere?

"Guidare un'istituzione privata nella quale il percorso tra la decisione e il risultato è brevissimo".

Quanto l'ha aiutata la Fit nella professione di ingegnere?

"Niente".

Massone?

"Mi dicono che lo fosse un mio bisnonno, quello cui è stata intitolata la clinica cagliaritana. In generale rifuggo e combatto ogni genere di lobby che acquisisce potere per farsi i fatti propri".

Com'è cambiata la vita dopo l'emorragia cerebrale?

"Ho acquisito il senso della precarietà, sono più equilibrato. Non la auguro a nessuno, ma credo che quest'esperienza la dovrebbero fare tutti".

Indagato e prosciolto dall'accusa di mobbing sportivo.

"In un mondo di guardie e ladri pensavo fosse chiara la mia appartenenza ai primi. Non ho valutato che giustamente anche le guardie corrono il rischio di essere convocate un giorno a palazzo di giustizia, dove non ero mai entrato. Ho capito che esistono le meschinità, le povertà mentali di invidiosi e frustrati e sono diventato più forte".

Paolo Paolini

© Riproduzione riservata