Per Toninelli il progetto è obsoleto. Per Salvini, invece, «i sardi devono averlo, il metano. A costo di portarlo con le mongolfiere». Di Maio evita la canna del gas e applaude, a Porto Torres, i pannelli fotovoltaici sui tetti delle case a costo zero per i cittadini: il modello turritano di "reddito energetico", annuncia il vicepremier, sarà esportato in tutta Italia.

Chissà se i candidati alla carica di presidente della Regione parleranno - facendoci capire - di energia. Nell'attesa, Pigliaru, gli industriali e i sindacati ululano alla luna, ai pianeti e alle (cinque) stelle, cercando risposte alternative alla chiusura nel 2025 (domani) delle centrali a carbone, come Portovesme e Fiume Santo.

Il tema è piuttosto serio, come lo è stato, ieri, il dibattito sul nucleare e, oggi, sulle trivelle nello Ionio. Peccato che l'approccio abbia risentito e risenta di condizionamenti più dogmatici (preferite culturali?) che economici e realistici. Macron, giusto dietro casa, vuole anticipare al 2022 l'uscita dal carbone. Quanto alle centrali nucleari (il 70% della produzione energetica francese), dice il nemico dei gilet gialli, se ne parlerà a babbo morto. Noi italiani abbiamo detto basta al nucleare da quel dì e indietro non si torna. Ma a qualcosa dovremo attaccare il nostro contatore e le nostre caldaie.

A proposito del richiamato realismo, guarda alla realtà la proposta di Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, presentato a Bruxelles da tre ministeri (Sviluppo economico, Ambiente e Trasporti) affidati al M5S.

Su sviluppoeconomico.gov.it, in pdf, le 237 pagine del Piano. «L'obiettivo della decarbonizzazione», si legge, «presenta problematiche con riferimento alla gestione in sicurezza della rete sarda». Tradotto, con l'addio al carbone sarà blackout.

Da qui la proposta di un collegamento Sardegna-Sicilia (con un preventivo da 2,6 miliardi di euro) per il trasporto di energia elettrica. Utopia? Al momento sì. La proposta parla anche di metano. E, naufragato il progetto Galsi (il tubo sottomarino che avrebbe collegato la Sardegna ai giacimenti del deserto algerino), ecco l'importanza del Gnl (acronimo di gas naturale liquefatto) da trasportare via nave nei rigassificatori progettati nell'Isola, a Porto Torres, Oristano (sono sono già iniziati i lavori) e Cagliari. Soluzione, si legge nella bozza del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, «che consentirebbe di rifornire di gas naturale le industrie sarde a prezzi in linea con quelli del resto d'Italia», ma anche «di alimentare a gas naturale le centrali termoelettriche previste per il sistema elettrico sardo».

La proposta fatta dal Governo alla Ue non dimentica le famiglie sarde e i soldi spesi per la realizzazione delle reti cittadine, alcune già alimentate a propano ma compatibili con il gas naturale. Servono, tuttavia, «soluzioni infrastrutturali/regolatorie». Chiamatela, se preferite, dorsale sarda, quella di cui Pigliaru vorrebbe parlare con il premier Conte. Tutto a posto, allora? Non proprio, nella misura in cui la proposta di Piano nazionale integrato per l'energia e il clima è frutto del lavoro dei tecnici. Sul sito del Ministero dello Sviluppo economico, tuttavia, il sottosegretario Davide Crippa (stretto collaboratore di Di Maio) mette un cappello politico alla proposta, definendola «uno strumento fondamentale per la politica energetica e ambientale del nostro Paese e della Ue per i prossimi 10 anni, senza il quale continueremo a navigare a vista». Cosa cui noi sardi, e non solo in campo energetico, siamo costretti a fare da tempo, con Governi romani gialli, verdi, rossi, bianchi, azzurri. Delle due l'una: o i ministri hanno avallato la bozza del piano sull'energia senza leggerla, o chi scrive è il solito sardo diffidente. Ognuno dia la risposta che crede. Tenendo a mente che, tra poco, potrebbero staccarci la luce.

Emanuele Dessì
© Riproduzione riservata