Con la benedizione del Governo, in Sardegna diventa finalmente operativa Oilos, acronimo di Organizzazione interprofessionale latte ovino sardo. Che cos'è? Un tavolo di confronto tra tutti i protagonisti della filiera produttiva. Obiettivo: trovare il prezzo giusto al latte di pecora. In campo da due anni, Oilos ha sinora spostato poco ma, con il decreto appena firmato dal ministro leghista Gian Marco Centinaio, 25 persone (sì, avete letto bene, v-e-n-t-i-c-i-n-q-u-e) potranno sedersi ufficialmente una accanto all'altra, nella sede di Oristano, per trattare.

L'assessore all'Agricoltura, Pier Luigi Caria, fa bene, visto il ruolo, a parlare con enfasi di "passaggio storico che cambierà il futuro del comparto". Ma per i precedenti e l'alto tasso di litigiosità tra chi produce latte e chi lo trasforma, resta indifferente l'esercito dei perplessi. In prima fila i quindicimila pastori, che tutti i giorni, anche se la mungitura ormai è automatizzata, si alzano molto prima che il sole sorga. "Per noi - è un coro - il prezzo del latte non sarà mai giusto".

Sullo sfondo c'è la Sardegna e ci siamo noi sardi che, su questi temi, facciamo spallucce. Come se non fossero problemi nostri. Eppure l'economia dell'Isola è legata a doppia mandata alla zootecnia. In Sardegna ci sono più di 3 milioni di capi ovini, la metà del patrimonio italiano. Latte & formaggio pesano nel nostro Pil per 800 milioni di euro e, con quasi 150, è la prima voce, nelle nostre esportazioni, dopo i prodotti petroliferi e chimici. Ecco perché questi temi dovrebbero esserci cari.

Invece sappiamo poco o nulla e anche tra i miei colleghi c'è chi, quando si parla di vertenza latte in Sardegna, confonde talvolta le mucche con le pecore. Certo, le mucche in Sardegna ci sono e sono tante, così come tanti sono i problemi del settore. Ma qui parliamo di pecore. E magari proviamo anche a incuriosirci. Buona parte del nostro latte viene trasformato in Pecorino romano che, a dispetto del nome, viene prodotto quasi esclusivamente in Sardegna.

Un formaggio a pasta dura, il Romano Dop, che nel mercato degli Stati Uniti vende quanto il Grana padano, che è fatto con il latte vaccino. Viva l'America, allora, anche se il mercato a stelle e strisce è sì delizia ma anche croce per i nostri pecorini, con le quotazioni, al chilo e in dollari, che vanno su e giù quasi fosse lo spread. Tra i compiti di Oilos ci sarà anche quello di programmare la trasformazione dei 300 milioni di litri di latte che, ogni anno, vengono munti dalle pecore sarde.

La politica lo ripete da decenni: facciamo meno Romano (continua ad assorbire il 60% del prodotto) e più pecorini di piccola e media pezzatura. Una svolta produttiva e, prima ancora, culturale. L'industria e il sistema delle cooperative sono pronti al grande passo? E hanno voglia di farlo? Nel frattempo, tanti giovani allevatori, con sacrificio e sudore, hanno messo su centinaia di mini caseifici, trasformando in azienda il loro latte ed evitando il tira e molla con gli industriali del formaggio o con i consigli di amministrazione delle coop.

Sì che l'avete sentito... "Settanta centesimi per un litro di latte sono un'elemosina", "Per coprire le spese serve un euro". Ma noi sardi facciamo spallucce. I problemi, in Sardegna, per noi, sono altri. Chissenefrega se l'altalena del prezzo del Romano negli Stati Uniti, per noi sardi, fa più male dello spread.

Emanuele Dessì
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