Da una parte l'avvocato del comandante dello yacht ha sostenuto che la manovra di avvicinamento al punto di sbarco era ancora in corso e non era stato ancora dato l'autorizzazione a far tuffare i passeggeri, dall'altro il difensore del padre della povera Letizia Trudu, la bambina di 11 anni morta nell'estate del 2015 per le ferite causate dall'elica della barca dalla quale si era appena tuffata col resto della comitiva, ha ribadito più volte che il genitore si è comportato come un "padre responsabile".

Si sono chiuse oggi davanti al giudice del Tribunale, Giuseppe Carta, le arringhe difensive degli avvocati Laonardo Filippi e Massimo Carboni, difensori del comandante dello yacht, Maurizio Loi, e di Andrea Trudu, quest'ultimo distrutto dal dolore e costretto a sopportare anche il peso del processo.

Il 23 gennaio, il giudice ha fissato le repliche e la sentenza, dopo la discussione-fiume di oggi dei due difensori e le richieste di condanna già formulate, nelle scorse settimane, dal pm Alessandro Pili che aveva sollecitato quattro anni e mezzo di reclusione per il comandante dello yacht e dieci mesi per il padre.

Secondo la Procura il primo non avrebbe rispettato delle norme che regolamentano la navigazione, il secondo non avrebbe vigilato sualla sicurezza della figlia.
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