Verranno riesaminati i reperti biologici di Emanuele Costa, il pensionato 79enne trovato senza vita nel suo appartamento di via Donizetti a Cagliari, il 3 febbraio 1990.

Una morte provocata da un infarto a seguito dell'aggressione del nipote Pino, radiotecnico 40enne, entrato in quell'appartamento a scopo di rapina.

Questo è quanto era scaturito dal processo, terminato nel 1992 con la condanna definitiva dell'imputato a 12 anni per omicidio preterintenzionale. Un delitto cioè non voluto.

Il figlio di Pino Costa ha sempre creduto nell'innocenza del padre, che ha negato di aver avuto un ruolo nella disgrazia.

Ora quel materiale biologico (si credeva fosse stato buttato durante il trasloco al Policlinico universitario), potrebbe essere utile per capire se davvero il cuore del pensionato ha ceduto per lo stress durante l'irruzione.

La richiesta di far esaminare i reperti è stata avanzata proprio dal figlio di Costa, nella speranza che i risultati dimostrino l'inesistenza del nesso di causalità aggressione-decesso e portino a un nuovo processo che scagioni il padre riabilitandone la memoria: è morto nel 2005.

Per non lasciare nulla di intentato, saranno riesaminati con l'obiettivo di ricostruire la "tempistica" degli avvenimenti: quanto tempo era passato dall'ingresso in casa di Costa alla morte del 79enne?

Quella notte il pensionato aveva aperto la porta ed era stato colpito da un pugno di qualcuno che, subito dopo, era entrato, aveva rovistato nelle stanze e prelevato i gioielli per poi fuggire.

Il proprietario era rimasto riverso su un fianco davanti all'ingresso e con un ematoma sull'occhio destro. Secondo l'autopsia, il cuore dell'anziano aveva ceduto per lo spavento. A seguito delle indagini il nipote era stato incriminato e condannato.

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