S arà un'impressione ma sono stanchi. Passeggiavano in fretta, al guinzaglio del padrone che telefonava o chattava, giusto il giro dell'isolato: erano abituati così. Ufficio, famiglia, casa, spesa, banca, i minuti erano sempre contati. Ora, invece. Il telelavoro regala il tempo del tragitto e se l'attività è chiusa non si ha proprio nulla da fare.

Le giornate si dilatano e anche il cane può stare fuori. A lungo. Quanto a lungo? Bella domanda. Siccome si può uscire per fare la spesa, andare in farmacia e portare a spasso il miglior amico dell'uomo e della donna, eccolo costretto a una superattività sulle strade e piazze vuote. Il cane vale autocertificazione: chi mai potrà contestare il motivo dell'abbandono della dimora? E allora il povero animale (vivo, vivissimo, come vuole il sindaco di Mamoiada) fa gli straordinari, in giro prima col marito poi con la moglie e dopo anche con i figli, uno per volta, per carità. Forse voleva godere della cuccia in tranquillità o forse è felice di scappare scodinzolante dalle quattro mura all'improvviso troppo frequentate.

Se potesse parlare... Chissà cosa direbbe dell'inaspettata disponibilità del padrone finalmente sorridente, per non dire felice, perché lui, sì: lui può. Può uscire quando meglio crede senza rendere conto a nessuno. E gli altri? Discriminati. Che ingiustizia. Ma no. No, no, no. Gli altri hanno il sacchetto biodegradabile. Sì, quello della spesa. Mezzo vuoto, anzi, mezzo pieno certifica necessità e urgenza. Vabbè, chi torna a casa con i bustoni è sicuramente stato al supermercato, si vede dalla faccia paonazza e soddisfatta di chi è riuscito nell'impresa di superare una fila a distanza di sicurezza di almeno un'ora all'aperto. E meno male che il clima aiuta sennò col vento o la pioggia o il sole a picco sai che disastro. Ma tutti quelli, e sono tanti, con quel sacchetto dal peso scarso, quasi niente, due mele?, insalata preconfezionata?, pomodorini ciliegia?, panino e cento grammi di prosciutto perché tanto vivo solo e solo quello mi serve... tutti quelli sono davvero reduci dalla bottega sotto casa? Che importa. Siamo solidali. E non solo con loro. Chi lo avrebbe detto? Pensiamo addirittura ai detenuti. Non quelli in carcere, lì bene o male si socializza: quelli agli arresti domiciliari. Poveracci. Tutto d'un colpo capiamo perfino quei condannati che fanno finta di rubare e corrono a costituirsi in questura: non ce la fanno più. Tutto il giorno a casa coi parenti... è troppo... davvero. Maria Francesca Chiappe
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