"Ho fatto tutto da solo". Anders Behring Breivik dice di aver agito in completa solitudine, di aver pianificato e portato a termine "da solo" l'attacco dinamitardo nel cuore di Oslo e il massacro sull'isola di Utoya, uccidendo 93 persone. Lo dice alla polizia che lo tiene sotto torchio da ieri, ma gli inquirenti sembrano determinati a non lasciare nulla di intentato e in mattinata hanno lanciato una nuova operazione alla periferia di Oslo dove sono state fermate sei persone, subito rilasciate. Il timore è che dietro al folle gesto del 32enne si possa celare una rete, di sostegno e di relazioni, al momento silente ma potenziale fucina di nuove violenze e atrocità.

TRAGEDIA NAZIONALE - Il duplice attacco che ha fatto sprofondare nel terrore il Paese nordico che sulla sua 'società aperta' aveva puntato per mettersi al riparo dalle storture di intolleranza ed estremismi è stato definito una "tragedia nazionale" dal premier Jens Stoltenberg, una tragedia dalla quale tuttavia -ha garantito- uscirà un paese "ancora più aperto, ma non ingenuo". Stoltenberg ha parlato durante la messa in ricordo delle vittime del massacro che si è tenuta nella cattedrale di Oslo, alla presenza della famiglia reale, degli ambasciatori stranieri e di migliaia di persone riunite nella piazza antistante, raccolte nel dolore insieme con il resto del Paese che ne ha seguito la diretta tv a reti unificate "Tutto il mondo è con noi" ha detto Stoltenberg.

IL MEMORIALE - Il mondo che, insieme con i norvegesi, assiste incredulo ora dopo ora all'agghiacciante svelarsi della follia che ha mosso la mano omicida di Anders Behring Breivik: in un memoriale di 1.500 pagine, un vero e proprio manifesto della sua crociata, Breivik ha stilato con spaventosa lucidità obiettivi e strategie. Il documento è stato messo in rete solo un'ora prima dell'esplosione a Oslo e tre ore prima della carneficina sull'isola di Utoya, ma la sua preparazione risale al 2002 quando -stando a questo dettagliatissimo diario- ha cominciato a ideare l'impresa, poi entrata nella 'fase operativa' nel 2009. Già allora era consapevole che sarebbe stato considerato "il più grande mostro dalla seconda guerra mondiale in poi", ma quello che lui si sentiva era "un eroe, salvatore del nostro popolo e della Cristianità europea, un distruttore del male e un portatore di luce", scriveva.

LE INDAGINI - Per ora Breivik non smentisce il suo personaggio e non 'tradisce' la sua missione, chiedendo "un processo a porte aperte, vuole essere presente in aula e dare le sue spiegazioni", ha riferito il suo avvocato difensore (che ha precisato di aver avuto perplessità prima di accettare l'incarico). La prima occasione è già domani quando Breivik comparirà davanti al tribunale che ne dovrà decidere la detenzione provvisoria. Sarà però il giudice a decidere se l'udienza si terrà a porte aperte o chiuse, ha detto il capo della polizia di Oslo, Sveinung Sponheim. La polizia della capitale, che ha chiamato in aiuto un esperto di Scotland Yard giunto a Oslo per partecipare alle indagini, oggi si è dovuta però giustificare per i tempi di reazione sull'isola di Utoya, troppo lenti era stato detto da subito, una circostanza motivata dalla necessità di "trovare le forze più adatte all'intervento" e con la "difficoltà di operare su un'isola". Poco esaustiva era apparsa però anche la prima risposta a un quesito posto da più parti: dov'era l'agente in servizio sul posto mentre Breivik sparava all'impazzata contro decine di ragazzi? "Stiamo cercando di capire cosa sia successo", avevano detto i responsabili della polizia. Poco dopo la notizia la dà la tv: "Un poliziotto, probabilmente la guardia in servizio sull'isola, è tra le vittime del massacro".

LA SARAS TRA GLI 'OBIETTIVI' - Nel mirino di Breivik c'erano anche il pontefice e vari obiettivi italiani, comprese sedici raffinerie e tra queste la Saras di Sarroch. "Il modo più efficace per mutilare gli attuali regimi multiculturalisti dell'Europa occidentale": così il manifesto di Breivik definisce le "operazioni di sabotaggio", cui dedica un intero capitolo, ricco di dettagli tecnici su come organizzarle, e con una lista di potenziali obiettivi. Il documento elenca gli impianti di Porto Marghera, Milazzo, Sarroch, Trecate, Gela, Sannazzaro de Burgondi, Taranto, Livorno, Cremona, Busalla, Roma, Falconara Marittima, Mantova, Augusta, gli Impianti Sud e Nord del siracusano. Un attacco a una raffineria, secondo il documento, richiederebbe per un "Cavaliere della Giustizia" una pianificazione di uno-tre anni, un budget di 30-100 mila euro e provocherebbe danni fino a 40 miliardi di euro. Un "regime", si legge nel documento redatto in inglese "non può essere sconfitto senza paralizzarne l'economia". L'autore del manifesto consiglia quindi ai potenziali attentatori di studiare i "casi storici", da quello di Oklahoma City a quello dell'11 settembre, che elenca e descrive specificando una stima dei danni economici causati.
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