L'accordo tra Unione Europea e governo di Londra per la Brexit preoccupa le oltre mille piccole imprese della Sardegna che esportano verso la Gran Bretagna, generando un volume d'affari di circa 50 milioni di euro all'anno.

A dare voce ai tanti dubbi dei piccoli imprenditori isolani è Confartigianato Sardegna.

"Nessuno conosce nel dettaglio l’accordo che regolerà i rapporti commerciali tra Regno Unito dalla UE, e ciò ci preoccupa abbastanza - dice Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – anche perché auspicavamo l’istituzione di un’area di libero scambio con regole armonizzate, ma di questo, per ora, nessuno ne parla. Soprattutto servirà particolare attenzione nel caso in cui il

Regno Unito decidesse di chiudere accordi bilaterali con paesi come gli Stati Uniti. Per questo è necessario essere certi che quel paese non diventi un punto di ingresso per prodotti di Italian Sounding e non a norma europea".

"Infatti, dal primo gennaio, alimentari, abbigliamento, arredamenti, macchinari ma anche servizi alle imprese, materie prime e semilavorati dovranno, dopo tanti anni, nuovamente passare una dogana e svariati controlli ed essere accompagnati da numerose certificazioni e documenti. Per questo, tutte le cessioni di merci dall'Italia al Regno Unito rappresenteranno operazioni di esportazione; sarà perciò necessario espletare formalità doganali, tra cui la presentazione della dichiarazione, l'assegnazione del numero di riferimento dell'operazione, l'attribuzione del DAE (Documento Accompagnamento Esportazione) e la ricevuta di uscita della merce. Di conseguenza, di fatto le relazioni commerciali tra Regno Unito ed Europa saranno

fortemente rallentate", aggiunge l'associazione.

"Con la Brexit, il web, che di fatto godeva del libero scambio, viene fermato – continua Matzutzi - acquisti e vendite, infatti, d’ora in poi, verranno equiparati a importazioni ed esportazioni, e quindi regolati da imposte doganali, per far entrare e uscire beni dalla Gran Bretagna, anche se le regole commerciali dovranno ancora essere scritte".

Complicazioni anche per le “marcature e certificazioni” dei prodotti; per esempio, si passerà da quella CE alla UKCA (United Kingdom Conformity Assessed) anche se la CE sarà accettata ancora per 1 anno.

“Dobbiamo prepararci a nuove regole e a nuovi standard da applicare per ogni prodotto - prosegue Matzutzi – non sarà facile ma come Associazione stiamo per predisporre degli incontri, che si svolgeranno in webinar, proprio per preparare gli imprenditori, ovviamente appena appena si conosceranno i dettagli dell’accordo”.

Secondo le segnalazioni che Confartigianato Sardegna ha raccolto in questi mesi dagli imprenditori sardi, le principali preoccupazioni sono 2: l’eventuale applicazione di IVA e dazi, e l’aumento della burocrazia. Nel primo caso, l’applicazione dell’IVA alle merci esportate e l’eventuale introduzione di dazi, comporterebbe un maggiore costo finale per l’acquirente inglese che, visto l’aumento di prezzo, potrebbe anche rinunciare a quel bene. Problema che, secondo le imprese, non dovrebbe porsi per i prodotti sardi, essendo fortemente tipicizzati, regionalizzati, molto richiesti e, una buona parte dei quali, non sostituibili da prodotti locali inglesi tantomeno da beni che potrebbero arrivare da altre nazioni. Nel secondo caso, il timore più grande, anche prima dell’aumento delle tasse, è quello di un “fiorire” di norme, leggi, direttive, circolari esplicative che andrebbero a ingrossare il carico burocratico che già grava sulle attività produttive italiane. E, come si sa, l’incertezza non favorisce le aziende e le “non decisioni” danneggiano le attività imprenditoriali.

Secondo i dati più recenti, di inizio 2019, le imprese sarde hanno piazzato sul suolo inglese oltre 47 milioni di euro di merci.

I dati elaborati dall’Osservatorio per le MPI di Confartigianato Imprese Sardegna sull’export delle MPI isolane nel Regno Unito, su fonte ISTAT, ci dicono come questo Paese risulti essere il 9° mercato di destinazione delle esportazioni manifatturiere della Sardegna. Quanto ai settori, i prodotti maggiormente esportati sono stati gli

alimentari, seguiti dai prodotti in legno e metallo, pelletteria, abbigliamento e tessile, mobili e ceramiche. A livello provinciale, in testa l’area del Sud Sardegna con 25,530 milioni di euro, seguita da Cagliari con 18,750, Sassari con 1,436, Oristano con 880mila euro e Nuoro con 189mila euro.

(Unioneonline/l.f.)
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