«Su centottanta giorni di stagione turistica salvarne dieci è davvero troppo poco. Siamo lontani dal minimo sindacale. Una situazione da bollino nero. Qualche imprenditore è andato leggermente meglio ma sono eccezioni».

Stefano Visconti, cinquantenne presidente di Federalberghi-Confcommercio della provincia di Sassari, tira le somme dell'anno più nero che l'industria delle vacanze ricordi. Normalmente è tutt'altro che pessimista. Si limita all'analisi dei numeri raccolti dalle novantotto strutture associate su centodieci complessive che offrono quindicimila posti letto, una foto di quell'importantissima fetta di paradiso che va da Alghero a Stintino, Castelsardo, Valledoria e zone interne: «La prima parte di agosto, diciamo sino al 10, abbiamo lavorato al trenta per cento della capacità. Dal 10 al 17 si è sfiorato il tutto esaurito. Dal 18 un gradino segna la discesa che si fa più marcato dopo il 24. Va considerato che ad agosto tradizionalmente gli alberghi sono sempre stati pieni».

Luglio?

«Purtroppo gli alberghi e i residence hanno lavorato al venticinque per cento della loro capacità».

Il suo giudizio sulla stagione?

«È stato un disastro ferroviario».

In che senso?

«Morti e feriti, tra gli albergatori e i lavoratori. Come non bastasse, i nostri mercati di riferimento - Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna - sono di nuovo alle prese con l'aumento dei contagi».

La qualità del turisti?

«Nel nostro settore si valuta la capacità di spesa di chi decide di trascorrere le vacanze in una destinazione. È evidente che la crisi ha portato all'abbassamento della qualità media degli ospiti».

Cosa non ha funzionato?

«La pandemia in corso particolarmente virulenta ha spaventato. Siccome tutti noi siamo un giorno imprenditori e il giorno dopo utenti, ci siamo comportati di conseguenza».

Qualcuno ha colpe aggiuntive?

«Non rilevo grandi responsabilità di chi è nella stanze dei bottoni. È un momento terribile, non invidio chi ha dovuto prendere certeb decisioni».

Un albergatore come si cautela?

«Contenendo i costi. Fa ciò che non vorrebbe, riduce al minimo le assunzioni, fa meno acquisti, meno spese. In pratica fa girare meno l'indotto. Quello che le imprese difficilmente riusciranno a salvare sono le spese generali e gli ammortamenti per investimenti pluriennali».

Come chiuderanno i bilanci?

«Posso dire con assoluta certezza che saranno tutti in perdita. È un anno che purtroppo sarà ricordato a lungo. Senza considerare che molte imprese hanno scelto di tenere chiusi gli alberghi. Quelle imprese non hanno fatto neppure un'assunzione, non hanno consumato un watt di energia elettrica e tutto il resto. Quindi la perdita che si riflette sulla socialità generale è ancora più consistente».

Come ci si prepara al futuro?

«Abbiamo bisogno che le varie amministrazioni - comunale, provinciale, regionale, nazionale - incentivino il traffico verso la Sardegna, ciascuna per le proprie parte. Anche le imprese devono fare la propria parte».

Come?

«C'è un precedente. Nel 2015 abbiamo avviato una raccolta fondi per creare due nuove tratte tra Alghero, Londra e Berlino,. Quell'iniziativa generò 160 mila presenze. Oggi le compagnie aeree non navigano nell'oro. La pandemia le ha colpite duramente, il rischio è che scompaiano o si rimpiccioliscano tagliando molti collegamenti».

Su cosa dovrebbero investire i Comuni?

«Nelle località turistiche il decoro e l'arredo urbano sono fondamentali, devono trasmettere ai turisti e ai residenti l'idea di una bella città. Insomma, devono creare le condizioni per far sì che le compagnie aeree trovino attrattiva la destinazione».

La prossima stagione?

«Sulla carta sarà buona. Bisogna aspettare per capire se lo sarà davvero».

Una compagnia di navigazione sarda?

«Non ho le competenze per valutarla, certo è che i precedenti sono stati disastrosi».

Sassari città metropolitana?

«Avrebbe un senso anche in chiave turistica perché darebbe la possibilità di programmare il futuro di una zona omogenea».
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