Camminare all'aeroporto di Cagliari, l'unico scalo aperto in Sardegna da più di tre settimane, provoca una sensazione di stranimento. Gli ampi spazi, praticamente deserti, e il silenzio che li riempie sembrano davvero surreali. Fuori, la corsia dei taxi è popolata da meno di una decina di auto la mattina e di nuovo la sera (normalmente sono più di trenta dall'alba alla notte) quando nello scalo di Elmas atterrano e decollano gli unici voli giornalieri (6 in tutto) per Roma e Milano. Dentro, un supermercato, due bar (uno alle partenze, l'altro alle giù agli arrivi), una parafarmacia e l'infopoint (aperto tutti i giorni dalle 9 alle 17) sono le uniche testimonianze delle attività ancora funzionanti. Niente code ai check-in né hostess in giro con guanti e mascherine, quindi: a metà mattina si possono incrociare appena una decina di passeggeri in arrivo da Malpensa, alcuni di loro aspettano il treno che li riporterà a casa. Insieme a loro, anche i dipendenti della società di gestione dell'aeroporto (che ruotano a turno in cassa integrazione) e gli uomini della Polizia che presidiano lo scalo.

Il luogo in assoluto più frequentato della Sardegna (lo scorso anno sono transitate 4,7 milioni di persone), è diventato improvvisamente quello più isolato: solo per avere un'idea, il 10 aprile scorso sono transitati nello scalo appena 25 passeggeri (circa 4 passeggeri in media su ogni volo) mentre lo stesso giorno dell'anno precedente erano oltre 11 mila. Tradotto: il traffico è crollato di più del 98%. La calma che si avverte è reale. Chi lavora oggi in aeroporto lo fa per servizio. "Io apro tutti i giorni dalle 10 alle 17", racconta Simona Vincis, farmacista della parafarmacia Farmafly accanto all'ingresso dei controlli per le partenze. "Da quando è cominciata l'emergenza i dipendenti sono a casa, in cassa integrazione, e i miei clienti sono diventati esclusivamente le donne e gli uomini che lavorano in aeroporto", dice.

A Elmas, dove lavora a pieno ritmo l'area cargo da cui passa la maggior parte delle provviste destinate alla Sardegna, la vita è silenziosa. Tutto funziona esattamente come una città qualunque in questo momento, in attesa, con la stragrande maggioranza delle serrande delle attività abbassate e le "strade" deserte. Qualche pubblicità vecchia, come quella che informa sui riti della Settimana Santa di Iglesias o l'altra di una nota compagnia che annuncia voli low cost senza pensieri, ricorda la "vita di prima". Dei 540 dipendenti delle tre società che operano nello scalo (Sogaer, Sogaerdyn e Sogaer Security), oggi, appena una quarantina, a rotazione, sono impegnati tutti i giorni in aeroporto e assicurano almeno fino al 3 maggio alla Sardegna l'unica porta di ingresso e di uscita via aerea. Ma la misura del cambiamento si ha proprio dal coordinamento dello scalo che gestisce appena sei voli in tutta la giornata, perlopiù concentrati la mattina e la notte (info e dettagli sul sito della società che gestisce lo scalo www.sogaer.it). Lo stesso termometro si può avere guardando la corsia dei taxi, che in diversi momenti della giornata resta desolatamente vuota. Il servizio, però, negli orari di partenza e arrivi dei voli è sempre garantito.

"Lo facciamo perché anche il nostro è un servizio che non può essere interrotto", dicono. "A turno ognuno di noi viene in aeroporto e se va bene riusciamo a fare una corsa. La speranza", è come una mantra che ripetono tutti, "è che questa situazione finisca il prima possibile e si possa tornare a lavorare tutti come sempre".

A raccontare la nuova vita dell'aeroporto di Cagliari sono anche gli occhi perplessi dei lavoratori che spuntano sopra le mascherine. Si possono incrociare nella pausa caffè. In ogni ambiente la parola d'ordine è igiene e rispetto delle distanze. Al supermercato, aperto fino alle 19, non si può entrare più di tre persone alla volta, rigorosamente con mascherina e guanti; al bar, caffè e cappuccino vengono serviti in bicchieri di plastica. Davanti al bancone sono tracciati con degli adesivi i quadrati per il rispetto della distanza di sicurezza tra le persone. Il coronavirus ha cambiato la vita delle persone, e anche quella in aeroporto non fa eccezione.
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