La prima è stata Air Italy, messa in liquidazione dalla sera alla mattina, quando ancora l'emergenza Coronavirus era circoscritta alla Cina. Poi è arrivata l'inglese Flybe, fallita ai primi di marzo. Non saranno di sicuro le ultime a fare questa fine: tutte le compagnie sono alle prese con una drastica riduzione dei voli, se non addirittura con una cancellazione radicale di tutti i collegamenti. E le prospettive sono ancora più scure. In Europa e negli Usa si moltiplicano le richieste ai governi di aiuti immediati per il settore. Il governo italiano ha già previsto un fondo speciale (600 milioni) per soccorrere i vettori in difficoltà e nelle prossime settimane procederà alla nazionalizzazione di Alitalia, visto che nel frattempo sembra impossibile vendere la società: tutti i pretendenti, che tra l'altro non hanno mai dimostrato grande entusiasmo nelle trattative, navigano in cattive acque. Dunque, meglio un ritorno al passato: la compagnia tornerà completamente nelle mani del Tesoro, o comunque avrà una "prevalente" partecipazione pubblica. Nel frattempo, tra aiuti e prestiti ponte, nelle casse di Alitalia sono finiti 1,3 miliardi. La crisi, però, è generalizzata.

La Iata, l'associazione internazionale del trasporto aereo, ha stimato perdite per il settore di 252 miliardi di dollari nell'arco del 2020. "La maggior parte delle compagnie mondiali rischia la bancarotta entro la fine di maggio a causa del coronavirus", avverte la società di consulenza per l'aviazione Center for Aviation, sollecitando "un'azione coordinata per evitare la catastrofe". British Airways ha pianificato un taglio globale dei suoi voli di "almeno il 75%" tra aprile e maggio. Air France-Klm prevede una riduzione delle attività tra il 70 e il 90% nei prossimi mesi, fino a Lufthansa che riduce la capacità sul lungo raggio fino al 90%. EasyJet ha tratteggiato un "futuro incerto per l'aviazione europea", con un reale "rischio sopravvivenza". Ryanair ha fatto di più. Stop a tutti i voli. Aerei a terra. "Al momento non prevediamo di operare voli né ad aprile né a maggio", ha scritto in una lettera inviata ai passeggeri il fondatore del gruppo Michael O'Leary. Decisione inevitabile: da qualche giorno è chiuso anche l'aeroporto di Bruxelles-Charleroi, uno dei principali hub continentali per la compagnia low cost, che era stata anticipata nella decisione di fermare tutti gli equipaggi dalla Austrian Airlines. Situazione analoga negli Usa, con United Airlines, che ha annunciato la riduzione della sua capacità del 50% ad aprile e maggio. Le compagnie aeree americane intanto puntano ad almeno 50 miliardi di dollari di assistenza finanziaria da parte del governo. Aiuti che sarebbero al momento allo studio e potrebbero arrivare sotto forma di prestiti e sgravi fiscali.

Le previsioni si aggravano di ora in ora. La Iata fino a una settimana fa prevedeva una perdita di 113 miliardi nel 2020 per tutto il settore, poi la stima è più che raddoppiata. Il capo economista dell'associazione, Brian Pearce, ha detto che la situazione dovrebbe migliorare di nuovo nel 2021, ma ha avvertito che la ripresa sarà attenuata dalla recessione che arriverà sulla scia della pandemia.

In questo momento - secondo il direttore generale e Ceo della Iata, Alexandre de Juniac - le compagnie aeree hanno bisogno di liquidità per 200 miliardi di dollari solo per sopravvivere. In questo scenario la ripresa della domanda di viaggi aerei sarebbe comunque indebolita dall'impatto del Coronavirus sull'occupazione. E con meno fiducia nel futuro la domanda dei passeggeri per l'intero 2020 è destinata a calare almeno del 40% rispetto all'anno precedente. ""Il settore aereo si trova ad affrontare la sua crisi più grave. Nel giro di poche settimane, il nostro precedente scenario peggiore sembra migliore delle nostre ultime stime. Senza aiuti pubblici immediati non ci sarà un settore aereo" in futuro, ha aggiunto de Juniac, "alcuni governi hanno già fatto un passo avanti, ma molti altri devono seguirne l'esempio".
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