Vanno, vengono, di tanto in tanto ricompaiono. E quando tornano son dolori. Per lo stagno, offeso dalle acque-cloaca dei suoi principali affluenti: il rio Cixerri e il rio Mannu. Per i pescatori di Santa Gilla, che in questa laguna lavorano e da queste acque salmastre traggono il loro sostentamento. Storia di questi giorni. Storia che si ripete a scadenze molto spesso ravvicinate. Rimbalza, sule sponde di questo compendio naturale racchiuso tra Cagliari, Capoterra, Assemini e Elmas, il verbo che scatena allarme. "Escherichia coli", ovvero il batterio la cui presenza non può, non deve superare i valori di una soglia massima consentita dalle indicazioni di igiene ambientale e sanitaria. Difficile impedire che ciò avvenga in uno stagno dove da troppi anni sfociano canali capaci di trascinarsi dietro le porcherie urbane dell'area vasta, dove soprattutto finiscono i fiumi-pattumiera che per anni avevano ricevuto gli scarichi fognari di tanti paesi dell'hinterland cagliaritano e che ancora, sebbene in minor quantità, li accolgono e li subiscono.

Rio Cixerri, rio Mannu. E poi ancora gli emissari minori come riu Sa Nuxedda, Giacu Meloni, Su Murta, Is Molentis, riu Sestu. Pensarli puliti è gioco per illusionisti. E se molti paesi hanno collegato i loro scarichi urbani al depuratore del Tecnocasic (l'impianto di Macchiareddu), ben altre rogne nuotano nelle loro acque fino a Santa Gilla.

I filari dell'allevamento nello stagno
I filari dell'allevamento nello stagno
I filari dell'allevamento nello stagno

Ci avevano pensato, nella seconda metà degli anni Settanta e nei primo Ottanta, gli esperti, a contenere i rischi dopo l'emergenza colera che si era scatenata su Cagliari e dintorni. Canali cementati per spostare il corso dei fiumi e impedire l'ingresso delle loro acque in laguna. Peccato che il tempo e una manutenzione malfatta hanno permesso al rio Cixerri e al rio Mannu (vedi anche alla voce affluenti) di riprendersi il loro antico "cammino". E così di nuovo, troppo spesso, i batteri di Escherichia coli crescono a dismisura. Fino ai valori (allarmanti) di 16mila mpn registrati dai tecnici della Assl nei giorni scorsi. Inevitabile lo stop alla pesca. Obbligatorio fermarsi negli impianti di allevamento di cozze e ostriche, ma anche nella raccolta di arselle e cannolicchi.

Per i 250 pescatori regolari del Consorzio ittico Santa Gilla che gestisce l'attività di pesca e allevamento in Laguna su concessione della Regione, è stata l'ennesima batosta. Superata fortunatamente con le nuovi esami biochimici finalmente nella norma ma non definitivamente risolta. Piogge abbondanti potrebbero riproporre l'emergenza inquinamento. Impedendo la vendita di mitili e molluschi in un periodo di forte richiesta commerciale come è quello del Natale e di fine anno.

Franco Masala, allevatore di ostriche
Franco Masala, allevatore di ostriche
Franco Masala, allevatore di ostriche

Fuori dal Consorzio ma interno a Santa Gilla, seppur oltre il ponte su cui core la statale 195 Sulcitana, insiste l'azienda dell'allevatore ittico Franco Masala, 72 anni e un volto solcato dalle rughe profonde scavate da freddo e salsedine. «Ho rischiato grosso per colpe non mie, le 250mila ostriche che ho nei filari e che hanno già raggiunto in parte la taglia commerciale hanno rischiato di diventare posacenere. Il mercato ha esigenze precise, chiede molluschi di 90-110 grammi, non certo di centosettanta. Perderò qualcosa ma almeno, grazie ai nuovi controlli, potrò vendere gran parte del prodotto. La mia è una posizione privilegiata, operando all'esterno di Santa Gilla subisco meno l'inquinamento ma vengo puntualmente bloccato anche quando i valori batterici, nel mio impianto, non sono fuori norma». Per questo la Regione ha alla firma un piano per dividere le aree d'allevamento.

Al Consorzio ittico Santa Gilla, i 250 soci delle cooperative non sanno più che scatenarsi o rinunciare e scegliere altre strade di guadagno. «Ci siano appena ripresi dall'alluvione della scorsa primavera quando acque cariche di fango hanno soffocato tonnellate di cozze giovani e mature appese ai nostri long line. Tutto morto, oro da buttare al macero. Abbiano speso parecchi quattrini per acquistare la nuova semenza, cioè le piccolissime cozze, e adesso ci risiamo. Non fango ma colibatteri. E mentre noi ci fermiamo ancora una volta, la politica, intesa come Regione, Comune, Città metropolitana, istituzioni, insomma, non si è degnata neppure di una telefonata per tenderci una mano. Non vogliamo soldi, vogliamo interventi», sbotta il presidente del Consorzio, Stefano Melis, che di anni ne ha 45 e di pazienza ormai pochissima. «Si potrebbe vivere dignitosamente da pescatori e invece bisogna subire le ire del tempo, bisogna sopportare i rinvii esasperanti per gli interventi idraulici tra i fiumi e la laguna ormai irrimandabili, dobbiamo assistere alla mancanza di progettualità di chi ogni tanto annuncia chissà qualche rivoluzione per poi dimenticarsi tutto poco dopo. Ci avevano anche assicurato una copertura finanziaria eccezionale ed eccoci qui, ancora una volta bloccati», racconta Emanuele Orsatti, presidente della coop Santa Gilla Esche e già responsabile del Consorzio.

Gli arsellai
Gli arsellai
Gli arsellai

Nelle peschiere di Santa Gilla, più conosciuta come lo stagno di Cagliari, nel 1850 lavoravano 460 operai. La produzione ittica era pari a 17mila quintali annui. Un sogno svanito negli anni Sessanta, quando i quintali erano diventati appena tremila anche per il ridottissimo numero di pescatori, scesi da oltre mille a 500. Molti diventano operai dell'industria, quella stessa che aveva occupato le sponde della laguna riversando nelle sue acque scarichi inquinanti e metalli pesanti come mercurio e piombo. Era il boom economico ed era anche il boom deflagrante che stava decretando, pian piano, la morte di Santa Gilla. Nel 1974 esplode il colera. La Capitaneria, anche per il gravissimo inquinamento chimico provocato dai sali di mercurio e le peci clorurate scaricate dalla Rumianca, ferma la pesca. Cresce la crisi. Diversi pescatori vengono utilizzati per gli interventi di bonifica. È il 1977. Si avvia il risanamento dello stagno, si realizzano enormi vasche di colmata con i fanghi dragati dal fondo di Santa Gilla. Sono ancora lì, solo in parte ricoperte da vegetazione.

La rinascita sperata, annunciata, è rimasta un'idea. I 250 pescatori regolari del Consorzio, da Santa Gilla ricevono poco per vivere con dignità. La pesca vagantiva o nelle peschiere organizzate che consegnavano al mercato spigole pregiate, orate, gli eccellenti muggini, le insuperabili arselle dello stagno o le ineguagliabili anguille praticamente e attività sospesa. Poco il pescato. Mentre da anni si punta su cozze, arselle, esche per la pesca, cannolicchi e più recentemente ostriche. Poco per una vera rivoluzione della laguna offesa.
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