"Il pecorino romano è uno dei formaggi più imitati al mondo".

Lo afferma Coldiretti Sardegna, parlando del formaggio trasformato con circa il 60 per cento del latte prodotto nell'Isola che determina il prezzo da pagare ai pastori.

Negli Stati Uniti è prodotto con latte di vacca, per quasi le stesse quantità di quello autentico certificato Dop trasformato in Sardegna: 260mila quintali contro i 92mila quintali esportati (autentico).

Secondo l'associazione di categoria, le imitazioni hanno ormai invaso il mercato, con "tarocchi" che non hanno nulla a che fare con l’autentica produzione sarda.

Uno dei principali Paesi in cui si producono falsi sono gli Usa (in particolare negli Stati del Wisconsin, California e New York), dove appena l’1% in quantità dei formaggi di tipo italiano consumati ha in realtà un legame con la realtà produttiva tricolore mentre il resto è realizzato sul suolo americano.

E non a caso è il principale mercato di sbocco all’estero del pecorino e del Fiore sardo, tanto che finiscono negli Usa quasi 2 pezzi su 3 del famoso formaggio esportato dall’Italia.

Nei primi sei mesi di quest’anno sono stati spediti nel mondo oltre 100mila quintali di pecorino con un aumento del 34% in volume e del 17,6% in valore rispetto allo scorso anno.

Le imitazioni del pecorino nostrano con prodotti cosiddetti "italian sounding" (cioè a cui viene dato un nome che sembra italiano) riguardano in realtà diversi continenti.

Dal Romano cheese degli Stati Uniti, anche già grattugiato o in mix con il parmesan, al pecorino Friulano del Canada dove si vendono anche il Crotonese e il Romanello, tutti rigorosamente fatti da latte di mucca come il Sardo argentino o il Pecorino cinese.

"L’Italian Sounding è un fenomeno in continua crescita che penalizza oltremodo produttori di cibo buono e apprezzato dal mercato – sottolinea il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba –. I pastori non sono esenti da questo fenomeno. Il Pecorino romano è infatti apprezzato in tutto il mondo, è il pecorino più esportato d’Europa e come ci dimostrano i dati è in crescita nelle vendite. Purtroppo il settore è circondato da troppi speculatori lungo tutta la filiera che rosicchiano tutto il valore aggiunto che potrebbe derivare da un prodotto figlio di un saper fare millenario, con il rispetto del benessere animale e del territorio. Ci ritroviamo invece a vivere il paradosso di pastori che oggi producono in perdita".

(Unioneonline/F)
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