Domani la Commissione Ue renderà note le sue raccomandazioni ai Paesi membri dell'Unione Monetaria (Ume).

Per l'Italia si prevede un richiamo formale per il rispetto dei vincoli di bilancio, messi a rischio dai provvedimenti già annunciati dal governo, che farebbero aumentare il rapporto deficit/Pil nel 2020 oltre il 3%, facendo così schizzare il rapporto debito/Pil al 135,2%.

Si configurano le condizioni che giustificano una procedura d'infrazione contro l'Italia per deficit eccessivo basata sul debito, che parte dalla constatazione che già dal 2018, a consuntivo, il rapporto debito/Pil non ha rispettato gli impegni presi: invece di scendere dal 131,4% del 2017, è aumentato al 132,2%, con un ulteriore aumento previsto per quest'anno al 132,7%.

Il problema del maxi debito pubblico italiano è molto serio, va avanti da molti anni e coinvolge vari governi, a cominciare da Berlusconi, per seguire con Renzi, Gentiloni e l'attuale governo, che, quanto alla pretesa di finanziare in deficit i provvedimenti di spesa finalizzati al consenso elettorale, anche se nobilitati dall'aspettativa di promuovere lo sviluppo economico, non è certo secondo a nessuno.

Dopo il recente trionfo elettorale, Salvini ha raddoppiato le sue pretese per l'attuazione della flat tax: non più 15, come indicato sinora, bensì 30 miliardi, tutti in deficit, andrebbero messi a disposizione per l'attuazione della misura, il che farebbe lievitare il conto della prossima legge finanziaria a circa 58 miliardi.

Di questi 23 per disinnescare le clausole di salvaguardia, 30 per la flat tax e 4-5 di spese indifferibili: una follia. Naturalmente, la propaganda leghista vuole che la presunta scossa in deficit verrebbe fatta allo scopo di far crescere il Pil e portare il Paese fuori dalla stagnazione, ma non è vero. Se davvero venisse fatta una manovra a debito di questo importo, come vorrebbe Salvini, l'Italia andrebbe incontro non all'aumento sperato del Pil, ma al rischio sicuro di una nuova crisi finanziaria, nella quale trascinerebbe l'intera UME. Perciò, la Commissione Ue vuole prendere le sue contromisure.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha fatto trapelare la sua forte preoccupazione per la tenuta dei conti pubblici e per queste ingiustificate fughe in avanti della Lega. Richiamandosi ai valori della Costituzione, ricorda che tra questi c'è anche l'obbligo costituzionale di mantenere il bilancio in pareggio, che nel 2012, in piena crisi finanziaria, fu votato anche dalla Lega.

Il capo dello Stato ha consigliato ai due partiti al governo di darsi una frenata generale: la campagna elettorale è finita (?) e d'ora in poi occorre che si misurino le parole e i toni, e anche le pretese. Basta coi proclami, qui e a Bruxelles. Occorre dare segni di condivisa consapevolezza nell'affrontare le raccomandazioni della Commissione. Dai calcoli del Quirinale, infatti, la tenaglia tra deficit e debito potrebbe costarci oltre 50 miliardi all'anno da qui al 2023, uno sforzo che il Presidente giudica "mostruoso".

È opinione diffusa che le pretese della Lega di fatto possano essere interpretate come pretesto per fare la crisi di governo e andare alle elezioni anticipate in autunno, di cui si è già avanzata la data del 29 settembre, nella fondata speranza di aumentare ulteriormente il consenso elettorale. Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, prevede tuttavia che in autunno sarà ancora lui a gestire la partita della prossima legge di bilancio italiana. Il rapporto Ue di domani dirà che è giustificata una procedura per disavanzi eccessivi basata sul debito. Juncker lo aveva già scritto il 21 novembre scorso, in occasione del primo braccio di ferro col governo gialloverde relativo alla finanziaria 2019, che poi fu risolto con le clausole di salvaguardia sull'Iva da 23 miliardi. Perciò, se il governo manterrà le sue posizioni irragionevoli, entro due settimane scatterà la procedura d'infrazione per debito eccessivo, che prevede una sorveglianza Ue diretta, continua e prolungata per anni.

BENIAMINO MORO

Docente di Economia politica

Università di Cagliari
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