Nuova riunione dei pastori a Tramatza per capire, da chi lo ha firmato, gli estremi dell'accordo raggiunto lo scorso 8 marzo in Prefettura a Sassari, al tavolo coordinato dal Prefetto Giuseppe Marani.

L'intesa fissa il prezzo del latte ovino a 74 centesimi a partire da marzo e fino alla fine della campagna di raccolta.

C'è tensione tra gli allevatori, che vogliono capire il perché sia stato firmato un accordo che non ritengono soddisfacente.

I DATI "POSITIVI" SUL PECORINO ROMANO - Le produzioni di pecorino romano sono crollate, e secondo un calcolo statistico e ipotetico del Centro Studi Agricoli (Csa) di Tore Piana il dato a fine anno sarà molto inferiore alla quota prevista dal piano produttivo del Consorzio Pecorino Romano: si parla di 253.300 quintali rispetto ai 280mila previsti nel 2019 e ai 341.600 effettivi dello scorso anno.

Dati che, se venissero confermati a fine annata produttiva, "porterebbero immediato beneficio all'intera filiera con il conseguente aumento del prezzo del latte di pecora al litro", spiega Csa.

Nei mesi che vanno da ottobre 2018 a febbraio 2019, stando ai dati forniti dal Consorzio Pecorino Romano, il calo della produzione è netto rispetto all'anno precedente, parliamo del 33,7%. A febbraio, mese caldo della protesta degli allevatori, la produzione è quasi dimezzata, il calo è del 46,9% rispetto allo stesso mese del 2018.

Csa ha anche avviato una indagine per capire le cause di questo crollo della produzione: "Preso atto che non è assolutamente diminuito il numero dei capi di pecore, quasi sicuramente una delle cause è il prezzo iniziale di 60 centesimi, assolutamente non remunerativo, che ha scoraggiato il pastore all'incentivazione delle produzioni di latte dei propri capi con una alimentazione non intensiva".

Altra causa è il latte "buttato nelle campagne dagli stessi pastori e non conferito per la trasformazione".

(Unioneonline/L)

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