Dati, grafici e tabelle da mesi la fanno da padroni in quest’epoca di pandemia. Insomma, una vera e propria overdose di informazioni, a cui nella maggior parte dei casi non siamo preparati e che contribuisce a farci sentire ancora più insicuri e fragili. Stiamo, infatti, fronteggiando quella che gli esperti chiamano la “pandemia” dei dati, una emergenza che si affianca a quella sanitaria e nella quale fatichiamo a stare a galla. In nostro aiuto viene però La pandemia dei dati (Mondadori Università, 2020, pp. 332, anche e-book), un libro che vuole aiutarci a far fronte alla valanga di numeri che ci sta travolgendo, ricorrendo agli anticorpi che ci mette a disposizione il pensiero critico, una scatola degli attrezzi che comprende i concetti di base del ragionamento probabilistico. Nostre guide nel viaggio che ci deve portare a ragionare sempre di più con la nostra testa sono il filosofo Armando Massarenti e l’esperta di statistica Antonietta Mira. A Massarenti chiediamo prima di tutto a quali pericoli ci espone una pandemia dei dati:

"La pandemia dei dati ci espone soprattutto a due pericoli connessi tra loro: la confusione mentale e lo stato ansiogeno che ne deriva. L’eccesso di notizie e l’accumularsi di dati generano rumore e non informazione, persino quando quelle notizie e quei dati sono veri. Figuriamoci in una situazione in cui i social network dominano la situazione e influenzano persino le modalità comunicative dei media tradizionali: le fake news, in questo contesto comunicativo, hanno grandi chance di generare ulteriore confusione, accompagnandosi ad altri fenomeni tipici della rete, come l’odio e la polarizzazione delle opinioni".

Antonietta Mira (foto concessa)
Antonietta Mira (foto concessa)
Antonietta Mira (foto concessa)

Quali obiettivi si pone il vostro libro?

"Con il nostro libro abbiamo voluto fornire gli strumenti per difendersi da tutto questo. Noi stessi nel mettere in ordine le idee e nel cercare di esporre al meglio gli strumenti necessari per guarire dalla pandemia dei dati, che è per certi versi persino più pericolosa di quella del Covid-19, abbiamo notato che l’ansia diminuiva, fino a sparire, in misura della nostra maggiore comprensione della situazione. Molti lettori ci hanno confermato che il libro ha una funzione ansiolitica".

La grande domanda allora è se l’Italia sia stata particolarmente colpita da questa pandemia informativa. Ci risponde Antonietta Mira:

"Anche altri paesi occidentali hanno subito questa ondata di dati, chi più chi meno violentemente, e in effetti ci sono state delle risposte globali per arginare l’impatto dell’infodemia. Citiamo ad esempio l’iniziativa congiunta intrapresa da Google, Facebook, Twitter e Instagram in risposta a un appello dell’OMS per fronteggiare globalmente la disinformazione su Covid-19. L’iniziativa è una delle più importanti best practices messe in atto durante la pandemia e per verificarne la portata potete fare voi stessi una prova aprendo per esempio Google e digitando «vaccini Covid-19» o cercando qualche altra informazione legata al coronavirus. Vi sorprenderete nel verificare che non appariranno risultati sponsorizzati, come di solito succede per le ricerche su Google, ma comunicati istituzionali, articoli accreditati e sintesi di informazioni tratte da organizzazioni internazionali. I giganti dei social si sono quindi autolimitati in nome di interessi collettivi di alto livello. Questo ci fa capire due cose importanti".

Quali?

"Per prima cosa che veicolare buona informazione in rete è possibile; ma anche che, quando non sono in atto meccanismi protettivi di questo tipo, siamo soggetti a forme piuttosto pesanti di influenza, fino ad arrivare alla manipolazione. Lo si è visto bene a partire dalle elezioni inglesi sulla Brexit, dalla prima campagna presidenziale di Trump e dallo scandalo Cambridge Analytica".

Armando Massarenti (foto concessa)
Armando Massarenti (foto concessa)
Armando Massarenti (foto concessa)

Quale è il miglior vaccino contro la pandemia dei dati?

"Nel libro somministriamo al lettore, pagina dopo pagina, un vaccino mentale, il pensiero critico, costituito da due ingredienti fondamentali: il primo è la filosofia, che ci insegna ad essere aperti e antidogmatici; duemilacinquecento anni di filosofia ci hanno lasciato in eredità gli strumenti più preziosi per imparare a pensare con la nostra testa; il secondo ingrediente è la probabilità che ci permette di estrarre informazione dai dati e quindi conoscenza che guida le decisioni e le azioni. In un mondo dominato dall’incertezza, probabilità, scienza dei dati, filosofia e, in ultima analisi, il pensiero critico sono la guida più sicura per la vita".

Basteranno per guarire?

"La scommessa è che il nostro vaccino mentale, una volta inoculato nella mente del lettore, gli permetta non solo di farsi strada nel mare di coronadati in cui altrimenti rischia di annegare ma, grazie agli anticorpi sviluppati durante la lettura del libro, anche di comprendere meglio i big data ovvero quell’enorme massa di dati che noi stessi generiamo quotidianamente nel momento in cui affidiamo le nostre vite alla tecnologia. È importante che ogni buon cittadino acquisisca la consapevolezza del valore che questi dati contengono e li ceda in modo responsabile, sapendo che, in cambio di un servizio, rinuncia a parte della propria privacy. E questa rinuncia permette ai colossi della tecnologia di profilarlo sempre meglio, anticipando i suoi desideri e guidando le sue scelte verso un comportamento medio: ‘Se il servizio è gratis il prodotto sei tu’ come recita The social dilemma, un documentario Netflix del 2020".

Particolare dalla copertina del libro
Particolare dalla copertina del libro
Particolare dalla copertina del libro

Quale ruolo può avere la scuola nel migliorare il nostro approccio alle informazioni e ai dati?

"Come scrive nella presentazione del libro Giorgio Parisi, presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei: ‘La scuola italiana non insegna le moltiplicazioni e le divisioni’".

In che senso non si insegnano?

"Certo, tecnicamente la maggior parte degli studenti sa fare queste operazioni ma, come scrive ancora Parisi: ‘Sfortunatamente nelle classi non s’insegna la cosa più importante: quando e perché fare queste operazioni. L’impostazione corretta sarebbe considerare la matematica (come tutte le altre scienze) come uno strumento che serve all’individuo per aumentare la propria comprensione del mondo. Matematica e scienza dovrebbero essere al servizio della nostra curiosità’. Nel libro suggeriamo che sarebbe saggio insegnare fin dalle elementari la probabilità, cioè la matematica dell’incertezza, che è molto più vicina alle esperienze della vita quotidiana di quanto lo sia la matematica della certezza. È una matematica più intuitiva e più legata alle nostre capacità innate. Ne La pandemia dei dati abbiamo aggiunto, ogni volta che era possibile, uno spirito giocoso declinato in una serie di esempi che attraversano le discipline, dal diritto alla letteratura, dall’evoluzionismo alla medicina, alle scienze ambientali, soprattutto nell’appendice dedicata ai docenti che devono cimentarsi con il rinnovato insegnamento dell’educazione civica. La scienza dei dati e il pensiero critico costituiscono a nostro parere le basi conoscitive più sicure e utili per ogni cittadino del nostro tempo".
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