È un rumore completamente diverso da quello che si attenderebbe di sentire: è il fastidioso ronzio di una falciatrice, non il meraviglioso "canto" delle pietre di Pinuccio Sciola. Perché anche il "Giardino sonoro", lo splendido lascito dell'artista, paga le conseguenze della pandemia di Covid-19. E anche, a dirla tutta, della miopia della burocrazia. In attesa del ritorno in zona gialla (e, magari, della conquista della tanto attesa zona bianca), il museo a cielo aperto rischia di non farcela più.

L'allarme

«Noi», lancia l'allarme Maria, la figlia di Pinuccio Sciola che si occupa del "Giardino sonoro", «restiamo chiusi ma le spese continuano a esserci. Al massimo, riusciremo ad andare avanti sino a marzo». A prescindere dall'eventuale ritorno in zona gialla. «Adesso, non possiamo proprio aprire. Ma, sino alla settimana scorsa, avevamo ugualmente enormi limiti: un luogo come questo vive soprattutto nei weekend. Invece, le norme ci consentivano l'apertura soltanto nei giorni feriali. Certo, qualcuno è venuto. Ma, in quei giorni, in tanti lavorano. E quelli che non lavorano non hanno, probabilmente, i cinque euro per l'ingresso».

Le regole

Un luogo all'aperto, con rischio quasi nullo di contagi. Eppure deve fare i conti con enormi limitazioni. «Perché, secondo i codici Ateco, questa è un'attività museale e, quindi, deve attenersi alla regole dei musei. Solo che, normalmente, questi sono luoghi al chiuso. Il "Giardino sonoro" è, appunto, un giardino». Una situazione preoccupante. «Prima della pandemia, lavoravamo con scuole, crociere, centri per disabili: visitatori che, ovviamente, sono spariti». Il lockdown dello scorso inverno e la lenta ripresa primaverile. «Tra maggio e giugno abbiamo avuto molte visite da parte di persone che finalmente riuscivano a respirare. Ma ora siamo stati costretti a mettere in cassa integrazione due dipendenti. Attualmente, è al lavoro soltanto il giardiniere perché di questa figura proprio non si può fare a meno».

Il paese

Il problema è serio. «Ci autosostenevamo senza alcun aiuto grazie ai tanti visitatori: nel 2019 sono stati quindicimila. Ma ora siamo in grossa difficoltà. E tutto il paese potrebbe risentire dei nostri problemi: chi viene al "Giardino sonoro", per esempio, fa anche il giro dei murales di cui si occupa un'altra associazione. Non soltanto: ovviamente fa funzionare i ristoranti e tante altre attività. Spero che il sindaco si renda conto di questa situazione e intervenga in qualche modo».

Il sindaco

Enrico Collu, il primo cittadino, non si tira indietro. «Certo che me ne rendo conto. Ma, purtroppo, noi amministratori locali abbiamo le mani legate. Se avessi potuto, non avrei esitato un attimo a concedere una deroga. Ma, purtroppo, è assolutamente vietato: abbiamo affrontato tante volte il problema con l'Anci. E, purtroppo, non ci sono vie d'uscita: i sindaci sono autorizzati a emanare norme più restrittive rispetto ai Dpcm». Impossibile, dunque, intervenire. «E dispiace soprattutto perché a essere penalizzate sono spesso, proprio come in questo caso, attività culturali o artistiche».

Marcello Cocco
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