L’inverno del 1944 è passato alla storia come uno dei più tragici della storia italiana. È stato un inverno di gelo terribile, di fame, di paura, di guerra combattuta quasi in ogni angolo della Penisola. Proprio in una gelida notte invernale del 1944, il 3 di marzo, il treno merci 8017 si appresta a percorrere il tragitto tra Napoli e Potenza. È uno dei pochi convogli in circolazione e a bordo si accalcano centinaia e centinaia di persone nonostante si tratti di un treno destinato solo al trasporto materiali. Si tratta di persone comuni, spesso alla disperata ricerca di una via di fuga dalla guerra e dalla miseria. Persone come Rocco, un ladruncolo che nella bolgia cerca bottino. Oppure come Brando, costretto a farsi carico della famiglia troppo presto e a cui basta incrociare per un momento lo sguardo di Nora per capire che la sua vita non sarà mai più la stessa. Qualcosa però tormenta la ragazza durante il viaggio, il presagio di un pericolo incombente che prende la forma delle malombre, presenze oscure che secondo le credenze popolari annunciano la morte. Intanto il treno avanza nella notte fino ad arrivare alla lunga galleria nei pressi della stazione di Balvano. Qui il convoglio rimane bloccato e si compie il tragico destino di più di 600 persone nel più grave disastro ferroviario della storia italiana.

Libro in cui si intrecciano magistralmente eventi storici, leggende popolari e romanzo, La notte delle malombre (Mondadori, 2020, Euro 17, pp. 276. Anche Ebook) di Manlio Castagna ci offre la possibilità di recuperare la memoria di una pagina dolorosa e dimenticata della recente storia italiana. Chiediamo quindi a Manlio Castagna come è nata l’idea di raccontare una vicenda caduta nell’oblio come quella della strage di Balvano: "Ho scelto di raccontarla perché è una storia necessaria. E perché doveva essere raccontata. Ci sono vicende incastrate nel buio e nell’oblio che chiedono solo di essere liberate. La Storia (quella con la S maiuscola) porta nelle sue viscere miriadi di piccole grandi storie e quella del treno 8017 per me è tra le più drammatiche, tragiche ed incredibili. Mi piace l’idea che possa entrare nelle scuole, che i ragazzi di questo secolo possano andare indietro con lo sguardo e vedere la vita difficile dei loro coetanei durante la Seconda guerra mondiale. I libri possono essere potenti macchine del tempo".

Perché questo evento così drammatico è stato praticamente rimosso?

"Ci sono tante responsabilità degli alleati e del governo italiano allo sbando durante l’inverno del 1944. La morte di centinaia di persone in una galleria è un peso che grava sulle spalle di chi fu colpevole. Meglio nascondere tutto allora. Basti pensare che il primo articolo sulla tragedia uscì su un giornale portoghese! A questo si aggiunga il fatto che le storie della povera gente fanno sempre meno rumore di quelle glamour e scintillanti dei ricchi. Si dimenticano più facilmente. Quella di Balvano è una tragedia simile a quella del Titanic, seppur su rotaie, ma a differenza del transatlantico americano non c’erano morti di prima classe, non c’era sfarzo, non c’era un mondo alla Grande Gatsby che affondava. Sul treno merci erano ammassati solo affamati e clandestini".

Come mai la scelta di raccontare quell’evento all’interno di un racconto romanzato?

"Perché il romanzo dà la possibilità di elaborare emotivamente qualsiasi evento. Perché la realtà spesso ha bisogno di un impasto narrativo per rivelare odori, sapori, umori altrimenti difficili da percepire. La realtà è una materia straordinaria, ma grezza. Romanzarla – in questo caso con grande rispetto dei fatti – aiuta a vederla secondo una prospettiva più ‘calda’".

Cosa sono le malombre e perché sono così importanti nell’economia del suo romanzo?

"Le malombre sono spettri, spiriti funesti, presenze notturne che infestavano le case. La leggenda della malombra, nella tradizione popolare di molte regioni del sud, in passato era molto sentita tanto da renderla ‘innominabile’. Ho recuperato questa leggenda perché mi serviva una declinazione fantastica alla mia storia, qualcosa che fosse universale ma allo stesso tempo legata al territorio, alle radici delle regioni dove si ambienta il romanzo. Le malombre sono state una scoperta essenziale: opprimono e tolgono il respiro. Per chi conosce il disastro di Balvano sa che il ‘fiato’ è un elemento chiave della vicenda".

Il romanzo è contraddistinto da una scrittura molto curata, una scrittura caratterizzata da una complessità ben lontana dallo stile sincopato e piuttosto sciatto di tanta letteratura odierna, figlia diretta del web. Questa scrittura è frutto di una scelta ben precisa?

"In effetti il lavoro sullo “stile” è stato enorme. Con la mia editor di Mondadori – Sara Di Rosa – abbiamo cesellato ogni singola frase perché il linguaggio fosse quello giusto. Essenziale, ma potente. Ricercato. Anche per restituire il sapore di una voce che appartiene ad una storia ormai antica. È una sfida per i ragazzi che lo stanno leggendo".

Ma non c’è il rischio che per i ragazzi sia una sfida troppo ardua?

"Io sono convinto che la letteratura per i più giovani non debba scendere a compromessi. Non ha bisogno di svilirsi e scarnificarsi per essere data in pasto a menti semplici. I ragazzi non hanno cervelli elementari. Possono tranquillamente confrontarsi con la complessità, basta rispettarne lo sguardo. La notte delle malombre, comunque, è stato concepito come un romanzo adatto anche agli adulti e infatti i dati fino ad ora parlano di un libro molto letto in fasce d’età più alta".

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