Fin dal giorno della sua elezione, papa Francesco si è presentato ed è stato presentato come portatore di una grande rivoluzione in seno alla Chiesa cattolica.

Già rivoluzionario era il fatto che fosse il primo pontefice non europeo e rivoluzionaria è stata la scelta del nome, una scelta così lontana dalla tradizione papale. E fuori dall'ordinario sono stati molti suoi gesti e molte sue parole, tanto da accendere grandi attese ed enormi speranze di cambiamento all’interno del mondo cattolico e non solo.

Sette anni dopo l'ascesa al trono di Pietro molte delle promesse iniziali di questo pontificato appaiono se non deluse, almeno appannate e molti dei mutamenti avviati sembrano fermi al palo. Forse, allora, è il momento di analizzare freddamente se esista ancora, e dove stia portando, il vento di cambiamento voluto dal Papa argentino. Sono queste le grandi questioni che animano L'enigma Bergoglio (Solferino, 2020, pp. 336, anche e-book), l'ultimo saggio dell'editorialista del Corriere della Sera Massimo Franco. Ma veramente Bergoglio, nonostante le sue tante apparizioni e dichiarazioni pubbliche, è un enigma come recita il titolo del libro? Lo chiediamo proprio a Massimo Franco:

"Bergoglio è un enigma perché è un personaggio veramente molto sfaccettato. Per fare un esempio, da una parte vuole cancellare i segni esteriori del potere papale, ma allo stesso tempo si capisce che vuole mantenere intatta tutta l’autorità del pontefice, tutto il suo potere decisionale. Un altro esempio è che sa essere una persona molto misericordiosa ma allo stesso tempo estremamente dura con coloro che considera suoi avversari oppure con persone che pensa l'abbiano deluso. Poi c'è l’enigma del perché non sia mai ritornato in Argentina, dopo ben sette anni di pontificato".

Perché a suo parere Bergoglio non è mai rientrato in patria?

"Credo sia dovuto a una questione che ha a che fare con la personalità del pontefice e con la sua storia prima di diventare papa. L'elezione di Bergoglio ha sicuramente inorgoglito gli argentini, per questioni religiose e anche nazionalistiche. Col passare del tempo, però, ci si è accorti che Bergoglio è personalità che divide la società argentina, non la unisce. Accanto all'Argentina che lo ama, ce n'è un’altra che non lo sopportava già quando era arcivescovo e che lo accusa di troppe ingerenze nella politica del Paese. Il papa probabilmente sente questa ostilità e per il bene della Chiesa rimanda il viaggio".

Ma all'interno della Chiesa, Bergoglio unisce o divide i fedeli?

"Purtroppo, è un dato obbiettivo che l'azione di Bergoglio non ha certo unito maggiormente le diverse anime della Chiesa cattolica. Doveva essere il papa proveniente dalla fine del mondo, da un’America latina in forte ascesa, venuto per evangelizzare nuovamente un Occidente sempre più secolarizzato e dopo sette anni la Chiesa è sempre più divisa, l'Occidente più secolarizzato e anche in Argentina il cattolicesimo arretra".

Quali sono stati, invece, i successi del pontificato a suo parere?

"Prima di tutto l'intuizione che le periferie, se abbandonate a loro stesse e ai loro problemi, distruggono dall’interno le società e le democrazie. Altra felice intuizione è che era necessario accorciare la distanza tra il pontefice e i fedeli. Il problema è che anche queste felici intuizioni non sono accompagnate da una elaborazione culturale adeguata all’interno della Chiesa".

Ci spiega meglio?

"Intendo che alcune idee hanno avuto un impatto positivo nell’immediato però sono rimasti poi dei gesti estemporanei, non sono diventati la base su cui costruire un vero cambiamento. Penso alla scelta della residenza del papa, Casa Santa Marta, una scelta forte, che doveva essere l'emblema di un cambiamento all'interno del potere vaticano. Oggi è diventata la sede di una corte parallela che si sovrappone e non dialoga con la curia, con effetti deleteri per il governo della Chiesa".

Un'altra difficoltà che emerge nel suo libro è quella di raccontare la figura di papa Francesco in maniera distaccata, senza eccedere in elogi o critiche. Come mai, a suo parere?

“All'inizio, probabilmente per superare il trauma delle dimissioni di Benedetto XVI, si è creata attorno al nuovo pontefice una bolla di popolarità un po’ forzata. C'era bisogno di novità e Bergoglio ha saputo incarnare questo desiderio. Ultimamente mi sembra però che le posizioni dei sostenitori e dei detrattori di Francesco si siano cristallizzate. Ognuna delle due fazioni sostiene le sue tesi e non dialoga con l'altra con il rischio che alla fine tutti saranno un po' delusi dai risultati di questo pontificato".

Ma nel XXI secolo il papato ha ancora senso?

"Credo che sia una domanda che ci si pone anche all'interno del Vaticano, così come ritengo che il grande problema della Chiesa di oggi sia tenere unito il mondo cattolico. Vedremo nei prossimi anni se questo pontificato di Bergoglio ha frenato le spinte centrifughe o le ha accelerate. Per ora emerge una forte critica della Chiesa sudamericana nei confronti della Chiesa romana, cioè della Chiesa italiana. E allo stesso tempo emerge fastidio in molti ambienti ecclesiastici vaticani per queste continue critiche".
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