C'è un museo a Torino che ha nel suo codice genetico la rinascita. Un tempo capannone industriale nel quartiere operaio di Barriera di Milano, in cui venivano smaltati chilometri di cavi di rame, da alcuni anni, dopo un tempo di abbandono e solitudine, ha cominciato a vivere una seconda, affascinante vita. Le grandi vetrate della vecchia officina oggi fanno filtrare la luce per illuminare opere d'arte contemporanea, e le ampie sale, una volta zeppe di bobine e attrezzi, sono abitate da quadri che accendono le pareti, sculture che segnano la strada, fotografie che raccontano l'umanità. Il suo nome è Museo Ettore Fico ed è dedicato all'artista piemontese scomparso nel 2004. Per continuare a far vivere il suo messaggio, la fondazione a lui intestata ha voluto che il capannone ormai dismesso, simbolo di una stagione industriale al tramonto, diventasse un luogo che parla d'arte, uno spazio vivo che sa essere, per chi vuole, un po' "casa". Un museo giovane l'impronta robusta della rinascita. Ecco perché è davvero bello pensare che il 25 settembre riapre, dopo la lunga chiusura causa Covid, torna a vivere, sia pure con tutte le attenzioni che il virus ci impone. Ed è bellissimo sapere che tra le mostre da scoprire c'è "Reinas", (regine), esposizione dedicata a quattro artiste sarde, Zaza Calzia, Maria Lai, Lalla Lussu e Rosanna Rossi, e voluta da Renato Alpegiani, collezionista torinese, instancabile promotore d'arte, che ha fatto del suo intenso legame con la Sardegna un'occasione per un racconto d'arte unico perché coralmente capace di guardare oltre i confini isolani. Un'idea piena di affetto e passione per l'Isola, raccolta e fatta vivere dal direttore del museo Andrea Busto. Curata da Carbone, critico d'arte, direttore del Museo Macc di Calasetta, curatore della mostra sugli anni 80 ai musei civici di Cagliari, nonché ideatore insieme a Simona Campus di "A place for art" - un progetto di sostegno agli artisti in corso al Ghetto di Cagliari - "Reinas" è un racconto per sole voci femminili, con quattro parole chiave che ne tessono la trama. Il primo rimando, racchiuso nel titolo, è a un'idea di robusta solidità, tenacia, pazienza. "Sa Reina", è uno dei più antichi ulivi d'Europa, con oltre 16 metri di circonferenza del tronco, le chiome verdissime, i rami nodosi. Trionfa maestoso in S'ortu mannu, il grande orto a un passo da Villamassargia, nel Sulcis, custode di ulivi ultra secolari. E "Sa Reina" è là, testimone austera, pronta a sfidare ogni tempo, ogni stagione, ogni storia. Guardiana tenace, ombroso rifugio.

Scrive Efisio Carbone: «La Sardegna e` spesso un racconto al femminile, che affonda le sue radici nella Preistoria per giungere, con un bagaglio inestimabile di saperi antichi, alle soglie del nostro tempo. Prima dee, poi regine, poi artiste, il viaggio prosegue, cambiano le armi ma il principio di resilienza resta immutato, quasi fosse geneticamente trasmesso, anche quando, l'occhio attento, mette a fuoco oltre il mare il mondo con la sua contemporaneita`».

«La mostra Reinas - si legge - raccoglie e presenta le opere di quattro tra le piu` importanti artiste di Sardegna, tre generazioni a confronto e un focus sulla produzione dagli anni '70 ai giorni nostri>. Sono quattro piccole antologiche interconnesse tra loro, a sottolineare punti di contatto e diversita` di ricerca. Il percorso e` tracciato da altrettante parole chiave che vogliono suggerire il tema caratterizzante dei nuclei selezionati lungo una narrazione che e` anche scoperta, sorpresa, riflessione, in un tempo che scorre in ritmi differenti per creare esperienze personali e condivise.

«Ecco quindi l'ago di Maria Lai sfilato da un muro cucito per "legare collegare" insieme i quattro temi della Parola, del Ritmo, del Colore e del Segno come capitoli selezionati da un unico libro. Immergendoci nella spiritualita` di Lai, nell'ironia giocosa di Calzia, nei colori solari di Lussu, nel rigore estetico di Rossi scopriremo inusitate esperienze di ricerca che restituisco un territorio aggiornato, distante dagli stereotipi piu` comuni, dove isola non e` isolamento ma spazio di convivenze in cui sottili rimandi tra passato e presente sono piu` chiari, meno disturbati da rumori bianchi. Sull'isola i silenzi profumano di eterno, ecco perche´ e` piu` facile ascoltare».

Oltre a "Reinas" in mostra Massimo Vitali con le sue "Costellazioni umane" e "The golden Harp" di Nebojsa Despotovic, visitabili fino al 20 dicembre.
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