"Siamo sempre lo straniero di qualcun altro. Imparare a vivere insieme è lottare contro il razzismo".

Nelle parole dello scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun l'antidoto contro pregiudizi e forme di prevaricazione, atteggiamenti aggressivi o peggio violenti.

"Sono stanco di questo dolore, sono qui per dirvi di fermare questo dolore, non fateci più essere stanchi", ha detto Philonise Floyd davanti alla Commissione Giustizia del Congresso americano.

Suo fratello George, afroamericano di 46 anni morto a Minneapolis dopo essere stato immobilizzato con metodi brutali da un poliziotto, è diventato il simbolo di istanze e rivendicazioni sempre attuali.

La senegalese Mariam Thiam, 46 anni, nata a Dakar, da 15 anni in Sardegna, ha letto con grande attenzione le notizie sulla triste fine della vita di George Floyd e sulle iniziative avviate in tutto il mondo dal movimento Black Lives Matter (le vite nere contano).

"Tutto nasce dall'ignoranza, dal fatto che non si conosce l'altro, chi è diverso da noi per il colore della pelle, per la religione, l'appartenenza etnica. La cattiveria nasce dall'ignoranza. La conoscenza reciproca, dalla quale scaturiscono cultura, rispetto e dialogo, ci consentirebbe di avere un mondo migliore", ci dice Mariam che a Cagliari (in via Oristano), dopo tanti sacrifici, gestisce uno spazio gastronomico con tutti i piatti tipici della cucina senegalese. Un sogno inseguito a lungo.

Il giorno del suo arrivo in Sardegna?

"Era il 2 febbraio del 2005, un giovedì, una giornata fredda. La mia vita ricominciava. Ero felice perché ritrovavo mio marito Mbaye Gueye. Siamo sposati dal 1994. Lui ha raggiunto la Sardegna prima di me".

Che cosa le piace di più dell'Isola?

"La tranquillità e la bellezza dei suoi paesaggi di mare e montagna. Mi piace molto la Sardegna, è la mia seconda terra. Conosco anche qualche parola della vostra lingua come domu mia e sa conca. In quest'Isola sono nati i miei figli Falilou e Mohamed".

I sardi?

"Persone simpatiche, ormai posso dire di conoscerli bene dopo 15 anni. Qui ho stretto relazioni, ho costruito amicizie solide, rapporti veri".

Nostalgia del Senegal?

"La mia vita ormai è qui in Sardegna, ho un lavoro che mi piace, i miei figli vanno a scuola, non sento la mancanza del mio Paese. I sardi mi hanno dato fiducia, mi hanno sostenuto nei momenti di bisogno. Devo ringraziare la famiglia di Assemini che mi ha aiutato a inserirmi nella società sarda e ad aprire il mio ristorante. E ringrazio Ugo Bressanello e l'associazione Domus de Luna con cui ho lavorato e fatto esperienza".

Quali sono i piatti tipici che propone nel suo menu?

"L'obiettivo principale è quello di far conoscere la cucina senegalese che è uno degli aspetti fondamentali della nostra cultura. Tra i piatti tipici ci sono il Ceebu Djen, riso con pesce e verdura, e il Mafè, riso condito con sugo di carne di manzo, cipolla, pomodoro, patate e carote

Ha avvertito pregiudizi o sentimenti di diffidenza nei suoi confronti?

"Dal primo giorno sino a oggi non ho avuto problemi particolari. Il razzismo è un problema del mondo. Anche in Senegal esistono pregiudizi nei confronti delle persone che vengono ritenute diverse".

Come definire l'intolleranza?

"Secondo me non è corretto parlare di intolleranza, è più giusto usare la parola ignoranza. Ci sono persone ignoranti che hanno assoluto bisogno di scoprire il mondo. A loro manca la curiosità. Come è possibile odiare una persona se non la conosco? Come posso avere pregiudizi nei confronti di una persona solo perché ha il colore della pelle diverso dal mio? Ecco perché è importante conoscere la ricchezza del mondo. Mi vengono in mente le parole di una donna di 80 anni che viene spesso nel mio ristorante".

Che cosa le dice?

"'Figlia mia, abbiamo tutti il sangue dello stesso colore. Tra noi non c'è nessuna differenza'. Parole sante".
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