Via Grazia Deledda n.26, quartiere Sacra Famiglia, Olbia: la musica sarda ha un indirizzo ed è questo. È qui nella sede dell'Archivio Mario Cervo, piccolo e prezioso gioiello - ancora poco conosciuto al grande pubblico - che si può trovare tutto il sonoro che si produce e si è prodotto in Sardegna. Dal pezzo più antico del museo, un 78 giri degli anni Venti, preistoria della discografia, all'ultimissimo cd passando per le registrazioni che "zio Mario", faceva nelle piazze delle feste patronali. Dai poeti improvvisatori al jazz - con e senza contaminazioni, da tutte le varianti della Corsicana alla musica leggera, dalle band rock al rap di Salmo che in questo quartiere ci è cresciuto. Perché l'Archivio custodisce la memoria ma è profondamente radicato nel presente e guarda al futuro. E non è un caso se la serata del Premio discografico Mario Cervo, il 7 luglio scorso, centesimo evento organizzato dall'attivissima associazione olbiese, è stata anche la prima occasione in Sardegna per tornare a suonare dal vivo dopo l'emergenza Covid.

LA COLLEZIONE - Mario Cervo, scomparso nel 1997 a 68 anni, era un portuale (nella storica compagnia Filippo Corridoni) che coltivava due grandi passioni: il ciclismo e la musica. E con entrambe ha saputo lasciare il segno. Che la collezione musicale fosse sterminata si sapeva, quanto fosse culturalmente significativa è diventato chiaro dopo che l'Istituto etnografico sardo con un lavoro di classificazione e digitalizzazione (curato da Paolo Angeli che oltre ad essere un eccellente musicista, è un etnomusicologo) ha messo ordine nelle migliaia di incisioni e registrazioni originali. I reperti totali erano circa seimila quando l'Archivio ha aperto nel 2014, ora sfiorano i diecimila (compresi libri e riviste), come racconta Velia Cervo, che insieme ai fratelli e alle sorelle, cura la preziosa eredità del padre. Classificati per genere, anno, autore, ci sono 150 dischi a 78 giri incisi tra il '22 e la fine degli anni '50, migliaia di titoli tra 45 giri, 33 giri, musicassette e Cd (supporto al quale dicono che Mario Cervo avesse fatto fatica ad adeguarsi), centinaia di cassette con interviste, canti sardi, serate di canto e di poesia estemporanea. Molto materiale viene dalla Nuraghe, la casa discografica che Mario Cervo aveva fondato nel 1962 e che andò avanti fino al 1985. Un'avventura iniziata insieme al cugino Astro Mari, paroliere olbiese di successo degli anni Cinquanta. I dischi Nuraghe hanno copertine curate e informazioni dettagliate, scritte dallo stesso Cervo, in sardo. E note, considerazioni, sottolineature accompagnano anche libri, relazioni e atti di convegni. Nell'archivio, infatti, c'è anche una biblioteca con qualche pezzo raro.

LE STORIE - «La cosa più divertente - aveva raccontato Paolo Angeli all'apertura dell'Archivio - è stata lavorare sugli inediti e le registrazioni che Mario faceva nelle piazze e nei concerti, con la telecronaca in diretta». E anche improvvisate recensioni non sempre lusinghiere. Ma gli aneddoti curiosi nella storia della collezione sono tanti. Come quello che ha raccontato Paolo Fresu sul palco del Premio, ricevuto per Ostinato come disco storico. Mario Cervo nel 1986 gli mandò una lettera per chiedere indicazioni su come reperire i dischi, all'epoca operazione non semplice in Sardegna per la discografia jazz. Indirizzo: Paolo Fresu, musicista, Berchidda. "La lettera arrivò comunque", ha raccontato il trombettista che però, preso tra un viaggio e un tour, gli rispose nel 1987.

GLI EVENTI - L'Archivio racconta anche una storia di famiglia. Quella reale, la moglie e i figli di Mario Cervo che hanno conservato e arricchito la collezione accogliendola in una casa di famiglia, anzi ponendo come condizione - quando l'hanno messa a disposizione della collettività - che ci restasse e facendola diventare il fulcro di una grande operazione culturale. E la famiglia più vasta dei musicisti sardi che inviano i loro lavori e rispondono sempre con entusiasmo, che siano esordienti o star, agli inviti per gli eventi dell'Archivio ad iniziare dal Premio discografico Mario Cervo che da sei anni viene assegnato alle migliori produzioni discografiche sarde. Ma il lavoro dell'associazione, che oggi conta circa 200 soci, è molto più vasto e abbraccia tutto l'ambito della valorizzazione della cultura sarda dalla letteratura alla poesia alle arti visive con eventi organizzati nella corte interna della casa museo o in altri spazi. E con un occhio alle radici olbiesi, anzi terranovesi, con manifestazioni come "Su sole ballende" che saluta con la musica l'alba del giorno di San Giovanni a "Scorraboi con noi", escursione a tema ambientale-culturale per la festa dell'Immacolata.

I mesi di lockdown sono stati dedicati al lavoro di catalogazione che non finisce mai, perché il flusso di contributi è ininterrotto, e alla valutazione dei lavori per il premio. Ma ora la casa della musica sarda, in via Grazia Deledda 26, è riaperta. L'appassionato che varcherà la sua porta potrà curiosare tra i vecchi dischi o i libri. Oppure scegliere un brano, nell'oceano sterminato dell'Archivio, e mettersi comodo nell'angolo ascolto. Con un pensiero grato a "zio Mario", straordinario collezionista di note. E con "zio Mario" non c'è Spotify che tenga.
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